“Questo è il volto autentico della politica e la
sua ragion d’essere: un servizio inestimabile al bene all’intera collettività.
E questo è il motivo per cui la dottrina sociale della Chiesa la considera una
nobile forma di carità. Invito perciò giovani e meno giovani a prepararsi
adeguatamente e impegnarsi personalmente in questo campo, assumendo fin
dall’inizio la prospettiva del bene comune e respingendo ogni anche minima
forma di corruzione. La corruzione è il tarlo della vocazione politica. La
corruzione non lascia crescere la civiltà. E il buon politico ha anche la
propria croce quando vuole essere buono perché deve lasciare tante volte le sue
idee personali per prendere le iniziative degli altri e armonizzarle,
accomunarle, perché sia proprio il bene comune ad essere portato avanti. In
questo senso il buon politico finisce sempre per essere un “martire” al
servizio, perché lascia le proprie idee ma non le abbandona, le mette in
discussione con tutti per andare verso il bene comune, e questo è molto bello”.
(discorso
di Papa Francesco a Cesena)
Tante persone, tanti amici mi chiedono in questi
giorni per chi voterò alle prossime elezioni politiche.
Nei loro occhi vedo un sincero smarrimento, come
nei miei del resto è presente forse per la prima volta un senso di timore di
non sapere alla fine scegliere per il meglio a quale forza politica offrire
ancora una volta la possibilità di rappresentarmi senza riceverne in cambio solo e soltanto
delusione.
Lo scenario che ci circonda è certamente di basso,
bassissimo livello. Ormai da decenni sembra che alla politica si dedichino
soltanto persone che non riescono a realizzarsi in un campo professionale e che
quindi scelgono la politica come professione, senza essere mossi da particolari
ideali.
Viceversa, chi possiede forti passioni e sensibilità
d’animo, non si sente attratto da un mondo finito in mano a dei ragionieri
della politica che non hanno in mente di lavorare per il bene comune, ma solo
per quello del proprio partito o, peggio, della propria corrente. Non parliamo
poi della classe dirigente, dei leader di questi professionisti della politica:
il livello, la statura morale e civile è ben lontana da quella generazione di
padri fondatori della nostra Repubblica.
Ma se questo è lo scenario, perché il 4 marzo
dovremmo andare a votare per eleggere i nostri nuovi rappresentanti? Ebbene,
dobbiamo ripartire a mio giudizio proprio dalle parole di Papa Francesco che a
Cesena il 1° ottobre 2017, nella Piazza del Popolo, davanti a migliaia di
persone, ha spiegato le ragioni di cosa significhi impegnarsi in politica e
rivolgendosi in particolare ai giovani, li ha invitati a dedicarsi alla
politica perché, aggiungiamo noi, senza il loro impegno di oggi, non ci sarà
futuro, non ci sarà più l’Italia così come fino ad ora l’abbiamo conosciuta.
Quindi, per prima cosa direi che andare a votare
il 4 marzo non è solo un dovere civico (purtroppo, da quando è stato eliminato
dalle scuole l’insegnamento dell’educazione civica, il dovere è sempre meno sentito), ma un dovere morale: quello di
contribuire con il proprio voto al corretto funzionamento della vita democratica
del nostro Paese. E non abbiamo parlato del diritto
al voto che come cittadini abbiamo,
solo perché ormai lo diamo per scontato, il diritto.
Ma fino a 70 anni fa non era così…
Mi permetto di ricordare a proposito una mia esperienza
personale. Da molti anni, per senso civico, svolgo la funzione di Presidente di
seggio alle diverse tornate elettorali che periodicamente scandiscono la vita civile.
Mi stupisce sempre, ogni volta che sono al seggio, vedere la fedeltà al voto
che hanno le persone anziane. Persone di 70, 80 e anche 90 anni che, da sole o
accompagnate da figli o nipoti, vengono al seggio a votare. Con pioggia, vento,
caldo, freddo, gli anziani sono i primi a votare, a qualsiasi elezione,
amministrativa, politica, referendum. Una volta una donna, sui novant’anni, mi
ha detto: “Giovanotto, io mi ricordo quando ero giovane che non potevo votare e
mi arrabbiavo, e da quando hanno dato il voto alle donne, non ne ho perso
uno!”.
Ecco, credo che ogni volta che siamo chiamati alle
urne, dobbiamo tenere a mente le parole di questa donna.
Per concludere, un’ultima considerazione: il fatto
che in Italia, a differenza che in altri Paesi come per esempio Stati Uniti o
Inghilterra, si voti di domenica e non in un giorno feriale, ha un significato
da non trascurare. L’espressione del diritto di voto, per come lo intende la
nostra cultura politica, deve essere
il più possibile popolare e coinvolgere il maggior numero di persone. E quale
giorno, se non la domenica, permette ad un maggior numero di persone di andare
a votare? Non sprechiamo la possibilità che ci è data, come cittadini, di
esprimere il nostro punto di vista.
Ma a questo punto, per chi votare?
Un aiuto nella scelta dei criteri da seguire ci
viene dal discorso
del Presidente della Repubblica di fine anno. Il Presidente Mattarella,
aprendo di fatto con il suo discorso la campagna elettorale ha ricordato ai
politici una cosa veramente importante: “Il dovere di proposte adeguate -
proposte realistiche e concrete - è fortemente richiesto dalla dimensione dei
problemi del nostro Paese”.
La realtà di queste prime settimane di campagna
elettorale è invece costellata da proposte politiche da parte di quasi tutti
gli schieramenti che oltre ad apparire fantasiose e irrealizzabili provocano illusioni
tra i cittadini. Peccato che il 5 marzo il risveglio sarà traumatico se concedessimo
fiducia a questi affabulatori di serpenti a sonagli.
Da dove partire quindi?
Personalmente parto dai problemi del Paese. E i
problemi maggiori, alcuni enormi come grattacieli, che dovremo affrontare nei
prossimi anni, si chiamano debito pubblico, lavoro e crescita economica,
immigrazione e sicurezza, calo delle nascite e invecchiamento della
popolazione, fonti energetiche e salvaguardia del clima. Metteteli in ordine
come volete, a seconda della vostra sensibilità, ma questi sono.
Allora mi domando: cosa ci propongono le forze
politiche in campo per affrontare e possibilmente dare delle risposte a queste
tematiche? E le risposte devono essere credibili e realizzabili, non
propagandistiche ed elettorali. E i candidati in lista devono avere un
curriculum di tutto rispetto, perché i compiti che li attendono non sono
semplici. Non basta essere votato dagli amici di Facebook per essere in grado,
da parlamentare, di contribuire a risolvere problemi come quelli sopra citati,
almeno credo.
Oggi i sondaggi ci spiegano che il Paese è spaccato
in tre grandi poli: centro destra, centro sinistra e “grillini”. Ma al di là della spaccatura, dopo il voto del 4
marzo, tornerà a farsi sentire il bisogno, la necessità di dare un governo al
nostro Paese. E qui tornano in mente le parole, il richiamo al bene comune di
Papa Francesco.
E allora, per concludere questo lungo post, credo
che, utilizzando il buon senso del padre di famiglia, il nostro voto debba
andare a quelle forze, a quelle persone che ci diano la maggior sicurezza che dal
5 marzo si impegnino per cercare di dare continuità di Governo e di crescita
all’Italia e che non si mettano su posizioni nette di rottura: o convergi sulle
mie posizioni o si ritorna al voto. Così non si fa il bene dell’Italia. In
questi anni, nonostante le circostanze interne e internazionali siano state molto
difficili, l’Italia economicamente è cresciuta, la tassazione delle imprese, di
poco, ma è diminuita, i posti di lavoro sono aumentati, il debito pubblico, di
poco, ma è diminuito.
Si poteva fare di più? Senz’altro, ma non per
questo si deve buttare a mare quello che si è ottenuto sino ad ora. Si possono
migliorare le cose fatte? Si debbono migliorare, ma senza cambiare la rotta,
che è quella giusta, riconosciuta anche a livello internazionale. E in Europa,
potremo essere sempre più ascoltati se proseguiremo sulla strada intrapresa.
Quindi a mio giudizio, con il voto del 4 marzo dovremo scegliere quei candidati
e quelle forze politiche che ci possano garantire il proseguimento della rotta
seguita sino a qui, e non dare ascolto alle false sirene degli estremismi e dei
grilli parlanti.