Ci sono persone così povere che l'unica cosa che hanno sono i soldi.

Santa Madre Teresa di Calcutta

martedì 30 aprile 2019

Non è sempre caviale


Non è sempre caviale
J.M. Simmel, l’autore di questo sorprendente romanzo pubblicato nel 1960, nacque a Vienna nel 1924. Ebbe una vita avventurosa: una gioventù trascorsa tra l’Austria e l’Inghilterra, la Guerra mondiale lo vide lavorare come ingegnere chimico. Al temine del conflitto, fu occupato come interprete per il governo militare americano in Europa. Dal 1950 lavorò per un giornale di Monaco di Baviera come reporter. Morì dieci anni fa in Svizzera, il 1° gennaio 2009.

Simmel scrisse numerosi racconti e romanzi, ma quello che gli fece raggiungere subito la notorietà fu nel 1960 Non è sempre caviale, pubblicato in Italia da Garzanti nel 1967. Mia moglie l’aveva letto anni or sono e, capitatole tra le mani recentemente, me lo ha suggerito.

Devo ammettere che è stato un colpo di fulmine! 


Sin dalle prime pagine ci si trova immersi in una serie ininterrotta di colpi di scena, di colpi di fulmine, di gustose cene cucinate dai diversi protagonisti della storia (con tanto di ricette abbinate per poterle preparare personalmente).

La storia del personaggio principale, un banchiere diventato suo malgrado un agente segreto, ha inizio verso la metà degli anni Cinquanta, ma quasi subito un flash-back ci riporta alla fine degli anni Trenta e allo scoppio della Seconda Guerra mondiale. Solo al termine del romanzo si ritornerà alla metà degli anni Cinquanta, per la chiusura del cerchio.

E’ impossibile riassumere per sommi capi la trama di questo romanzo: l’unico consiglio che si può dare agli amanti delle spy story ambientate ai tempi del nazismo in Europa (nel romanzo si viaggia oltre che nel tempo, anche per le capitali di mezza Europa) è quello di leggerlo.

La traduzione dal tedesco di Amina Pandolfi rende molto bene il ritmo impetuoso della storia e il susseguirsi delle vicende che hanno dell’incredibile se non fosse che, come spesso accade, la vita supera la fantasia, quasi sempre.

Solo alla fine del libro il lettore scoprirà se anche questa è un’opera di pura fantasia…

Lettura consigliata!

J.M. Simmel, Non è sempre caviale, Garzanti Editore 1967

mercoledì 24 aprile 2019

25 aprile 1945

Corriere della Sera del 26 aprile 1945
Rileggendo i post più recenti pubblicati sul blog, mi sono reso conto che l’ultimo che tratta un argomento politico l'ho scritto quasi un anno fa. Si riferisce al giuramento de il governo giallo-verde in carica ancora oggi.

Dal 2 giugno 2018 non ho più pubblicato un post con un tema politico. Nonostante ogni giorno legga i giornali, ascolti i TG e commenti gli avvenimenti politici con i colleghi, qualcosa mi impedisce di appassionarmi a questo governo come ai precedenti.

Riguardando quell’ultimo post, la mente è tornata a quei giorni di inizio estate del 2018 e alle aspettative, molto alte, nei confronti dei due partiti che avevano stretto l’alleanza per governare il Paese.

Dopo quasi un anno cosa è stato realizzato? 


Qualcosa di quanto dichiarato nel patto di governo sicuramente è stato fatto: la legittima difesa, la quota cento, il reddito di cittadinanza, il giro di vite allo sbarco dei migranti. Da un certo punto di vista, provvedimenti epocali e considerati “impraticabili” da coloro che hanno preceduto l’attuale esecutivo.

Ma a quale prezzo sono stati attuati tali provvedimenti? 


Vale a dire: l’Italia oggi è un Paese migliore di dieci mesi fa? Si vive meglio? Si ha più voglia di investire pensando al futuro? La povertà è diminuita? Perché se il cambiamento promesso dal governo non porta a questo, allora non è vero cambiamento, ma solo propaganda.

Tra poco più di un mese si presenterà un’importante scadenza elettorale: l’elezione del Parlamento europeo , unica istituzione comunitaria espressa direttamente dai cittadini e per questo dal valore altamente simbolico.

I due partiti di governo si schiereranno su fronti opposti e faranno campagna elettorale divisi. Uniti per governare l’Italia, divisi per governare l’Europa, come del resto lo sono per governare le regioni d’Italia.

Come può questa dicotomia non saltare all’occhio? Come è possibile essere alleati sulla politica interna del Bel Paese e non esserlo nell’amministrazione di una regione o di un comune?

L’impressione è che in questi mesi i due partiti abbiano pensato alla realizzazione del patto di governo, sostenendo a turno il provvedimento proposto dall’altro partito, turandosi il naso e arrampicandosi sui vetri per farlo digerire al proprio elettorato recalcitrante. Fino a quando questo stato di cose potrà durare? E che Paese troveremo al termine di questo percorso politico?

Certo, ormai tutti abbiamo consapevolezza di vivere in una società liquida, per dirla con le parole di Zygmunt Bauman, ma credo che per governare una nazione i partiti politici debbano avere delle pur minime convergenze ideologiche riguardo le tematiche oggetto del patto di governo, unità d’intenti che non ho riscontrato in questo esecutivo.

Ho riscontrato invece in entrambe le classi dirigenti e i massimi esponenti politici dei due partiti una ricerca spasmodica del consenso al proprio operato tramite l'utilizzo dei social. Questo ricercare a tutti i costi una legittimazione popolare, tuttavia, non è mai esente da rischi, presuppone un’educazione civica per nulla scontata nei frequentatori dei social e soprattutto non è garantito che il popolo sappia scegliere sempre per il meglio e il bene comune.

Ne è un esempio recente il caso della Brexit e ne è prova la storia di un uomo di duemila anni fa che, senza colpe, fu portato davanti all’autorità costituita per essere giudicato e venne assolto. Fu invece condannato a gran voce da quel popolo che lo aveva visto nascere e che alla fine ottenne dalla medesima autorità quello che desiderava: la sua crocifissione.

Vi fu errore popolare più grande di questo nella storia?


Ci apprestiamo a vivere la giornata del 25 aprile: riflettiamo su quello che accadde in quei giorni del 1945 e riscopriamo i valori che hanno permesso alla nostra nazione, uscita a pezzi dall’esperienza della Seconda Guerra mondiale, di intraprendere il cammino virtuoso che ci ha condotto sin qui.


venerdì 19 aprile 2019

Un gentiluomo a Mosca

Abbiamo letto con molto piacere Un gentiluomo a Mosca, l'ultima fatica letteraria di Amor Towles.

Il romanzo racconta le vicende del conte Aleksandr Il'ič Rostov che, rientrato da Parigi alla vigilia della Rivoluzione d'Ottobre, resta invischiato negli eventi catastrofici che portarono alla fucilazione dello Zar e alla presa del potere del partito comunista.
Un gentiluomo a Mosca

Il conte finisce per essere condannato agli arresti domiciliari a vita dal Comitato d’Emergenza del Commissariato del Popolo in quanto nemico della Rivoluzione, pena da scontare presso il Grand Hotel Metropol, il più lussuoso albergo di Mosca, con vista sul teatro Bol'šoj, a due passi dalla Piazza Rossa.

Inutile dire che la vita del protagonista cambia radicalmente e assume risvolti drammatici. Giorno dopo giorno il conte prende coscienza del futuro che l'attende e, nonostante possa ritenersi fortunato per aver evitato la condanna a morte o il gulag, ben presto si rende conto comunque della disumanità della pena comminatagli.

Inizia così la seconda vita di Aleksandr Il’ič Rostov  che si svolge su due dimensioni: verticale, all’interno dei sei piani dell'edificio, e orizzontale, tra la hall, le sale da pranzo e i negozi che si trovano all'interno dell’hotel. Passano i lustri e il lettore si trova coinvolto a fianco del conte che, attraverso l’ironia, riesce poco per volta a trovare la sua quotidiana motivazione al dover vivere in quella gabbia dorata.

L'ironia è una caratteristica dell’animo dell’uomo, e perciò non avendo origine umana, ma divina, permette a colui che la padroneggia di superare anche le prove più dure. Aggrappandosi ad essa, il protagonista affronta le giornate all’interno del Metropol quasi con letizia e assiste, mese dopo mese, anno dopo anno, all’involuzione dell’ideologia comunista che lo ha condannato al “carcere” a vita, e ha la conferma del vicolo cieco che ha imboccato quel regime del quale non ha mai condiviso nulla.

Ma fino a quando un uomo può sopportare una vita del genere, senza tentare la fuga?


Il finale del romanzo lo svelerà e ne resterete meravigliati. Raramente in questi ultimi tempi mi è capitato di leggere un'opera così gradevole, appassionante, coinvolgentemente ironica, e quindi illuminante.

Un pensiero va anche a Serena Prina, perché quando si leggono libri che riescono a trasmettere emozioni e sentimenti così forti, tradotti dalla lingua dell’autore, il merito è anche della traduttrice.

Un romanzo da non perdere.


Amor Towles, Un gentiluomo a Mosca, Beat Edizioni 2018