Ci sono persone così povere che l'unica cosa che hanno sono i soldi.

Santa Madre Teresa di Calcutta

lunedì 25 febbraio 2019

Manfredo Camperio - Storia di un visionario in Africa

Il libro di Alessandro Pellegatta


Manfredo Camperio, storia di un visionario in Africa, è l’ultima fatica letteraria di Alessandro Pellegatta che ho avuto il piacere di leggere in anteprima (il libro uscirà il prossimo 28 febbraio).

Camperio? Chi era costui?

Oggi questo nome alla maggior parte dei lettori non ricorderà molto, eppure questo milanese doc (nacque nel capoluogo lombardo il 30 ottobre 1826) è stato uno dei più importanti esploratori italiani dell’Ottocento e tra i primi a comprendere come il nascente Regno d’Italia avrebbe tratto un potente aiuto alla propria crescita economica dalla conoscenza e dallo sviluppo delle transazioni commerciali con l’estero.

Il lavoro di Pellegatta, conosciuto sino ad ora principalmente come scrittore di autorevoli guide turistiche, redatte al ritorno da viaggi personali in giro per il mondo, è in questo caso, prevalentemente storico e, diciamo subito, ben riuscito.

Attraverso un certosino lavoro di scavo compiuto presso istituzioni quali il Museo del Risorgimento di Milano; l’ Archivio di Stato di Milano; la Biblioteca Braidense, l’Archivio storico di Intesa Sanpaolo, l’Archivio storico della Banca Popolare di Milano, la Società Geografica Italiana e l’Amministrazione del Comune di Villasanta, che ha permesso la consultazione del Fondo Camperio, l’autore ha descritto in questa biografia di Manfredo Camperio molto di più della mera narrazione di un periodo di vita dell’esploratore. Pellegatta ha tratteggiato un’epoca, quella compresa tra il 1865 e la fine del secolo XIX, cruciale per lo sviluppo del nascente Regno d’Italia, ultima Nazione a formarsi in Europa e vaso di coccio tra grandi vasi di bronzo, protagonisti della scena europea e quindi mondiale, quali Regno Unito, Francia, Germania, Austria, Turchia.

In quest’epoca così ricca di cambiamenti, sociali, politici, culturali, il milanese - italiano Manfredo Camperio ebbe un ruolo importante nel cercare di far crescere l’Italia e permetterle di giocarsi la partita internazionale alla pari con le altre grandi potenze europee.

Il lavoro di Pellegatta è encomiabile da questo punto di vista, perché ha messo in luce aspetti sino ad ora poco studiati e anzi, forse volutamente dimenticati, di quello che è stato l’approccio iniziale del Regno d’Italia verso tematiche quali: colonialismo, africanismo, relazioni internazionali.

Non anticipiamo qui le conclusioni cui è giunto l’autore, perché questo, se vogliamo, è anche un libro “giallo”, nel senso che misteriosi e sconosciuti ai più sono gli episodi trattati e le vicende descritte; pertanto non vogliamo togliere al lettore la curiosità di leggere e apprendere come si è sviluppata la storia d’Italia di quel periodo.

Possiamo solo evidenziare come le similitudini tra l’epoca in cui visse Manfredo Camperio e l’attuale abbiano dell’incredibile e siamo certi che, come capitato a noi, stupiranno il lettore durante tutta la lettura dell’opera.

E allora, in conclusione, Camperio, chi è stato costui?

Scrive Pellegatta: “Molti sono i modi con cui possiamo definire Camperio: patriota, combattente, eroe del Risorgimento, militare, esploratore, filantropo, imprenditore, divulgatore, politico, direttore di rivista, mediatore culturale, esploratore, presidente di società commerciale. Lui preferiva
a tutti quello di “capitano”, ma ciò che gli rende più giustizia è forse quello di “visionario”. Furono infatti proprio le sue visioni e le sue passioni, ispirate dalla sete di conoscenza, da un grande interesse
per il mondo e dall’ansia di identificare sempre nuove opportunità commerciali, che lo spinsero a esplorare l’Africa. E anche quando il suo percorso fu segnato dalla contraddizione e dall’incertezza, dalla sconfitta e dalla tragedia, l’uomo non si perse mai d’animo: anche in punto di morte volle per l’ultima volta affacciarsi alla finestra per guardare con aria di sfida il mondo, come ha scritto la figlia Sita nella sua Autobiografia, prima di trapassare stringendo i pugni”.

Un libro da leggere, indicato soprattutto alle giovani generazioni, perché crediamo che senza la conoscenza del passato sia impossibile comprendere il presente e soprattutto immaginare un futuro che possa essere di pace tra le nazioni.


Alessandro Pellegatta, Manfredo Camperio, un visionario in Africa, 2019 Besa editrice.

sabato 9 febbraio 2019

Il mondo cambia pelle?

Il mondo cambia pelle?
Erano anni che non vedevo così gremito di pubblico l’auditorium Giò Ponti di Assolombarda a Milano, in occasione della presentazione del Rapporto sull’economia globale e l’Italia. Lunedì 21 gennaio 2019 si è tenuta la presentazione del XXIII studio, curato come sempre dall'economista Mario Deaglio in collaborazione con il Centro di Ricerca e Documentazione Luigi Einaudi e Ubi Banca.

Probabilmente il clima di incertezze che stiamo vivendo ha spinto molti a partecipare all’incontro per cercare di meglio comprendere dalle parole del professor Deaglio il tempo che stiamo attraversando e il futuro che ci potrebbe attendere.

Occorre subito dire che, come sempre, il lavoro del gruppo di studio coordinato da Deaglio è stato approfondito, puntuale nell’individuazione dei punti critici e ricco di occasioni per riflettere.

Il titolo del rapporto di quest’anno (il mondo cambia pelle?) lascia subito intuire quanto il 2018 sia stato un anno di cambiamenti significativi che, consapevolmente o meno, ci hanno coinvolto. Di seguito, sintetizzati in flash, gli argomenti analizzati nelle quattro parti del documento.

1. La crescita indebolita 

Lo sguardo è in generale sul mondo e gli autori evidenziano punti di attenzione verso gli Stati Uniti dove il movimento America First del Presidente Trump potrebbe portare a rischi di protezionismo e populismo che a loro volta potrebbero minare la crescita economica nel medio lungo periodo.  Altri punti da tenere sotto controllo sono i rapporti sempre più tesi tra lo Stato Sovrano e i titani della Rete, la politica dei dazi e la fine del multilateralismo, la riduzione della “corporate tax”. Il capitalismo sembra ancora vincente nel mondo, ma è un sistema alla lunga ancora sostenibile? 

Per quanto riguarda l’Europa, il 2018 è stato il peggiore da tempo, sotto molti aspetti. In Europa sembra prevalere una società basata sul rancore e sulla collera. L’economia ha rallentato mentre il sistema bancario europeo è ancora lontano dall’aver ritrovato la redditività di un tempo. Vi è poi un importante problema demografico che alla lunga renderà sempre più difficile la sostenibilità economica del sistema.

2. Lavoro e capitale, una difficile ridefinizione

Per quanto riguarda il lavoro, il paradigma è: il lavoro è da reinventare. Il 2018 ha visto ancora una volta una bassa crescita retributiva e la nuova “normalità” del part-time. Quanto potrà ancora aumentare la produttività del lavoro? È in corso un passaggio epocale: dall’organizzazione scientifica all’organizzazione algoritmica del lavoro. Altro tema importante: che sviluppo avranno il reddito universale o quello di cittadinanza? Permane il problema del debito estero dei Paesi emergenti, lo scontro sul libero commercio, il rialzo dei tassi di interesse, il populismo al governo in molti Paesi.

Quale sarà il nuovo volto del capitalismo di mercato: si andrà verso un mondo di imprese giganti?
A pagina 103 del rapporto è inserita un’interessante tabella. Mostra le dieci società al mondo a maggiore capitalizzazione. Nel 2007, 6 società su 10 avevano sede negli USA, 2 in Europa, 1 in Giappone e 1 in Cina. I settori rappresentati: Idrocarburi (5), Finanziario (2), InfTech (1), Telec. (1) Auto (1). Nel 2018, 8 società su 10 hanno sede negli USA e 2 in Cina. I settori rappresentati sono InfTech (7), Finanziario (2) e Idrocarburi (1).

3. Geopolitica, un mosaico che si complica

Vengono analizzati: gli Stati Uniti e la loro leadership globale (Make America Great Again!), la Russia e la Cina e il loro sviluppo futuro. Si domandano gli autori: la guerra fredda è finita o continua sotto altre forme? I focolai di crisi sono sparsi ovunque: nel Medio Oriente, laboratorio della guerra perenne, in Iran (verso una guerra mondiale regionale?), la guerra civile in Libia, il “ventre molle” dell’Egitto, l’Asia sempre più in mano cinese, la Corea del Nord, l’America Latina che convive con i fantasmi del passato e l’Africa con ambizioni per il futuro. Infine, su tutto, il petrolio e un possibile scontro sul suo prezzo nel prossimo futuro.

4. Italia 2019, aspettando il salto di qualità

Un Paese spezzato, un’economia incrinata? Certamente vi sono stati in passato dei fattori positivi: la ripresa delle esportazioni, un progresso nella struttura economica, ma adesso servirebbe continuare nella crescita. Domande: i principi di una riforma fiscale (la cash flow tax) sono attuabili? I nuovi modelli di business e le nuove tecnologie che impatto avranno sul mondo del lavoro? In tema di redistribuzione del reddito, quello di inclusione e quello di cittadinanza sono la soluzione all’aumento della povertà?

Giunti al termine della lettura, è inevitabile una sensazione di sgomento: se tali e tanti sono i problemi che abbiamo davanti, cosa dobbiamo fare? Cosa possiamo fare?

Le soluzioni “chiavi in mano” purtroppo non esistono. Nel Rapporto vengono suggeriti alcuni punti di attenzione che, se perseguiti, potrebbero assicurare alla nostra amata terra, che ricordiamo è l’unica che abbiamo a disposizione per vivere, un futuro meno cupo. Eccoli: 1. La solidarietà tra generazioni - 2. La solidarietà all’interno delle generazioni e 3. La tutela dell’ambiente.

Questi tre fattori, se attuati insieme, porterebbero ad uno sviluppo economico sostenibile. Lo sviluppo sostenibile è quello sviluppo che soddisfa i bisogni del presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri.

Quello dello sviluppo sostenibile non è un concetto di oggi: è stato enunciato per la prima volta nel 1983 da Gro Harlem Brundtland, già primo ministro della Norvegia. Da allora sono passati 36 anni, ma non sembra che il concetto abbia avuto molti seguaci nel mondo.

Ci viene in mente l’Enciclica Laudato Sì di Papa Francesco: “13. La sfida urgente di proteggere la nostra casa comune comprende la preoccupazione di unire tutta la famiglia umana nella ricerca di uno sviluppo sostenibile e integrale, poiché sappiamo che le cose possono cambiare….  14. Rivolgo un invito urgente a rinnovare il dialogo sul modo in cui stiamo costruendo il futuro del pianeta. Abbiamo bisogno di un confronto che ci unisca tutti, perché la sfida ambientale che viviamo, e le sue radici umane, ci riguardano e ci toccano tutti. Il movimento ecologico mondiale ha già percorso un lungo e ricco cammino, e ha dato vita a numerose aggregazioni di cittadini che hanno favorito una presa di coscienza. Purtroppo, molti sforzi per cercare soluzioni concrete alla crisi ambientale sono spesso frustrati non solo dal rifiuto dei potenti, ma anche dal disinteresse degli altri. Gli atteggiamenti che ostacolano le vie di soluzione, anche fra i credenti, vanno dalla negazione del problema all’indifferenza, alla rassegnazione comoda, o alla fiducia cieca nelle soluzioni tecniche. Abbiamo bisogno di nuova solidarietà universale…. 43. Se teniamo conto del fatto che anche l’essere umano è una creatura di questo mondo, che ha diritto a vivere e ad essere felice, e inoltre ha una speciale dignità, non possiamo tralasciare di considerare gli effetti del degrado ambientale, dell’attuale modello di sviluppo e della cultura dello scarto sulla vita delle persone..."

Allora, per concludere questo lungo post, ci auguriamo che nei prossimi 36 anni il concetto di sviluppo sostenibile, con tutte le conseguenze che si porta dietro, diventi il centro dell’agenda politica ed economica mondiale. Non c’è più tempo da perdere.

Ultimo suggerimento: se vi capita, leggete il rapporto, ne vale la pena per farsi un’idea reale, non mediata dai social, della situazione del mondo in cui ci tocca vivere.

Ma ricordiamoci che ognuno di noi, con le proprie azioni, può contribuire al cambiamento.

domenica 3 febbraio 2019

Influencer ante litteram

L'Adorazione dei Magi di Paolo Veronese


Da alcuni anni sempre più spesso ci imbattiamo nel termine influencer. Il Corriere della Sera di oggi, domenica 3 febbraio, vi dedica addirittura una pagina intera, la numero 19, a firma di Candida Morvillo. 

Ma chi è un influencer e, soprattutto, di cosa si occupa?

Il termine si trova di solito abbinato alla parola marketing (influencer marketing) e viene utilizzato nel mondo dei social network (Facebook, YouTube, Instagram ecc.).

Si può definire un influencer un utente di questi social (quindi una qualsiasi persona che abbia aperto un proprio profilo utente su uno di questi social) che pubblichi tramite di essi, foto, video o altri generi di contenuti (qualche frase o commento, possibilmente di senso compiuto). Il quid in più che deve possedere un influencer, rispetto ad un comune utente, consiste però nella sua capacità di “influenzare” altri utenti (definiti in gergo social i propri follower – seguaci).

Questo è il vero “potere” che definisce e detiene un influencer: condizionare le scelte dei propri seguaci. A fare cosa? Beh, qui entra in gioco l’altra parola abbinata a influencer: marketing. Le definizioni di marketing sono molteplici, ma tutte hanno a che fare con la parola vendita. Allora possiamo dire in estrema sintesi che l’influencer ha il potere (o si presume che abbia, o ritiene di avere, a seconda dei casi) di orientare i consumi dei suoi seguaci.

Rimane però ancora un aspetto da valutare, per comprendere appieno il ruolo dell’influencer. Per essere veramente tale, l’utente influencer deve essere ritenuto dai suoi seguaci “affidabile” e “credibile”. E come si diventa affidabili o credibili nel mondo dei social? Dipende dal numero di seguaci che si riesce a tenere legati al proprio profilo: per darvi un’idea, alcuni influencer italiani hanno 16 milioni di follower (Chiara Ferragni) e 11,5 milioni (Gianluca Vacchi). Più seguaci, più credibilità, più affidabilità, più guadagno.

Eh sì, perché i maggiori influencer, anche solo per pubblicare una foto, un commento, un video di alcuni minuti dove compaiono con qualche oggetto o con qualche vestito addosso, ricevono un mucchio di soldi. Quanto vale il lavoro sui social? I prezzi di mercato possono oscillare tra un minimo e un massimo, e dipende da quale influencer lo pubblica e su quale canale. Un post su YouTube può andare da 10.000 a 250.000 euro; un post su Facebook da 5.000 a 150.000 euro; un post su Instagram da 5.000 a 100.000 euro. I prezzi chiaramente si riferiscono a top influencer con milioni di seguaci in giro per il mondo, ma comunque rende l’idea del giro d’affari che potenzialmente si può generare con i canali social.   

Di cosa si occupano gli influencer? Gli argomenti sono certamente di spessore e per tutti i gusti: in rete si trovano travel influencer che si occupano di viaggi, fashion influencer che sviluppano, seguono e anticipano la moda, poi vi sono i fitness influencer che possono spaziare dal campo degli integratori alimentari all’abbigliamento sportivo. Infine, i food influencer vi permettono di conoscere i piatti più caratteristici di tutto il mondo. Da poco si sta sviluppando una nuova categoria di influencer, i book influencer: persone che postano su Instagram una foto con una copertina, oppure un video dove presentano o commentano un libro e si auto definiscono influencer culturali.

Personalmente, ho avuto la fortuna di vivere la mia gioventù in un tempo in cui avevo come influencer culturale la “terza pagina” del Corriere e le persone che mi hanno “influenzato” si chiamavano Afeltra, Biagi, Fallaci, Montanelli, Pasolini, Pivano solo per citarne alcuni e in ordine alfabetico.

Intendiamoci, non ho nulla contro le persone che, sfruttando la tecnologia ora disponibile, i social media, pensano di essersi inventate questo lavoro. Mi domando solo: ma i milioni di follower che seguono attraverso i social quello che pubblicano giornalmente questi influencer che cosa cercano in questi contatti? Perché ogni giorno si collegano a questo o quel social per vedere la foto o il video postato da tizia o caio? Qual è il desiderio che li tiene collegati: è semplice curiosità o c’è dell’altro?

Nel paragrafo precedente ho scritto “pensano di essersi inventate un lavoro”, perché recentemente sono stato al Museo Diocesano di Milano e ho avuto la fortuna di ammirare il capolavoro del pittore Paolo Veronese, l’Adorazione dei Magi, “traslocato” in quella sede per le festività natalizie, per gentile concessione della Chiesa di Santa Corona a Vicenza, dove di solito è collocato.

Veronese dipinge l’opera nel 1573, quando ha 45 anni. È nel pieno della sua attività artistica, è affermato e riconosciuto affidabile e credibile come pittore. Riceve da un importante e ricco signore della sua città, Vicenza, una somma per dipingere un’opera che dovrà rendergli onore e garantire fama nel tempo.

E il genio di Paolo Veronese ci propone l’Adorazione dei Magi dove i mantelli indossati dai tre maghi raffigurano le stoffe preziose, prodotte dal ricco committente dell’opera, che trova posto anche lui nella parte sinistra del dipinto. La finezza della pennellata del pittore rende alla perfezione la qualità e il colore delle stoffe tessute e vendute in tutte le corti d’Europa dal committente che si assicura in questo modo la massima forma di pubblicità consentita alla sua epoca. 

Paolo Veronese si può quindi definire un influencer ante litteram.

Passati i secoli, e perso il valore delle informazioni di marketing sull’attività tessile e commerciale del committente del quadro, cosa ci resta? Per fortuna, ci rimane l’opera straordinaria di Paolo Veronese; anche se non tutti conoscono la storia del dipinto, non importa poi molto: per l'Adorazione dei magi ci sarà sempre un posto nei libri di storia dell’arte.

Ma tra cinquecento anni, che cosa verrà ricordato degli influencer dei primi anni del XXI secolo?