Ci sono persone così povere che l'unica cosa che hanno sono i soldi.

Santa Madre Teresa di Calcutta

giovedì 24 settembre 2020

Triunvirato

triunvirato



Ne avevo parlato già in un post di febbraio, scritto prima dell’inizio dell’avventura Covid-19 ( Post 18 febbraio 2020). 


Ora cosa fatta è: solo il 30% degli italiani che sono andati a votare per il referendum hanno votato No al taglio dei parlamentari. La vittoria del Sì d’altra parte era assolutamente prevedibile e annunciata da tutti i media.

 

A questo punto della vicenda, non potendo più tornare indietro, occorre sperare che questo Parlamento che ha votato a maggioranza quasi assoluta il taglio di una parte dei propri rappresentanti (senza pensare alle conseguenze che questa azione avrebbe comportato sulla rappresentatività parlamentare, sul corretto funzionamento della “macchina” del potere legislativo e sui tanti “meccanismi” istituzionali, quali ad esempio l’elezione del Capo dello Stato) sia in grado di porre in atto una vera “riforma” di questi meccanismi costituzionali (come ad esempio una decente legge elettorale e una decente riforma dei Regolamenti delle Camere). 

 

Il populismo imperante ormai ad ogni livello sociale e culturale ci può far sembrare queste tematiche astratte e lontane dall’interesse delle persone, ma esse sono il cuore segreto, pulsante della nostra vita democratica, sono l’atrio e il ventricolo di una vita politica con la P maiuscola.  

 

Certo, sarebbe stato meglio e più onesto da parte dei parlamentari eletti in questa legislatura se si fossero impegnati a proporre una vera riforma costituzionale e non solo un “taglio secco” di 345 parlamentari senza pensare alle conseguenze di tale decisione.

 

Purtroppo, sono decenni che in Italia si sente parlare di riforme costituzionali e, a dire il vero, alcune proposte più o meno organiche, sono state portate avanti: ricordo quella tentata dal Governo D’Alema, quella del Governo Berlusconi bocciata dal referendum costituzionale del 2006 e l’ultima in ordine di tempo quella approvata sotto il Governo Renzi che fu bocciata dagli italiani con il referendum del 2016. Quelle furono vere riforme costituzionali, ma non trovarono il favore della maggioranza degli italiani.

 

Questa volta invece, sembra che il messaggio populista portato avanti in primis dal Movimento 5 Stelle abbia convinto la maggioranza degli italiani.

 

Personalmente sono contrario ad approcciare una materia così delicata come si è fatto. Non credo che partire dal taglio dei parlamentari possa essere la soluzione ai mali che affliggono la politica italiana. 


Quello che occorreva ricercare, e che adesso è assolutamente necessario fare, è un nuovo tipo di accordo che per forza di cose deve essere politico e deve riguardare tutte le forze, quelle al governo e quelle ora all’opposizione. Entrambe devono lavorare per disegnare un nuovo modello di equilibrio costituzionale tra poteri dello Stato, possibilmente migliore di quello attuale. Ci riusciranno?

 

Penso che sia evidente che una riforma di questo tipo va pensata, meditata e condivisa prendendosi il tempo che ci vuole, e va difesa soprattutto dagli attacchi di quel populismo che oggi sembra condizionare fortemente anche scelte così importanti per la crescita futura del Paese. 

 

Credo che un sano ricorso a quello che una volta nei testi di giurisprudenza veniva definito come “buon senso del padre di famiglia” possa aiutare ad affrontare il particolare momento storico, sempre che di questa sostanza, ormai rara, gli attuali parlamentari ne abbiano contezza.

 

Altrimenti, l’alternativa che ci attende l’abbiamo ascoltata questa mattina dalla voce di un comico, intervenuto in videoconferenza ad un convegno promosso dal Parlamento europeo, che si erge a maître à penser di una moltitudine di singoli individui cui si fa credere di poter decidere con il voto telematico le sorti del loro Paese, mentre, nella realtà, sono solo degli automi teleguidati da un triunvirato che, per definizione, non pensa e non agisce mai in modo democratico.

 

Da questo punto di vista la Bielorussia di Lukashenko non è poi così lontana dall'Italia.