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Santa Madre Teresa di Calcutta

domenica 23 giugno 2019

Alla fine dell'arcobaleno

Alla fine dell'arcobaleno
Il titolo dell’ultimo romanzo della scrittrice Silvia Molinari si rifà alla leggenda irlandese che narra di una pentola piena d’oro situata alla fine di un arcobaleno, gelosamente custodita da uno gnomo. L’arcobaleno ha spesso simboleggiato divinità, creazione e tanto altro ma, in questo romanzo, rappresenta la speranza in un futuro migliore, futuro a cui tutti guardano con occhi speranzosi.

Questo scrive in nota al romanzo l’autrice.

Alla fine dell’arcobaleno, che ho avuto la fortuna di leggere in anteprima, rappresenta una felice conferma del talento letterario di Silvia Molinari. Scritto sei anni dopo London Lies che ci ha fatto conoscere e amare la brillante Emma Woodhouse, Alla fine dell’arcobaleno non vuole essere un sequel del primo riuscitissimo romanzo, anche se la famiglia “allargata” di Emma rimane la protagonista di quest’ultima opera.

La storia è ambientata alla Rainbow Farm, la fattoria che Emma e Matthew hanno acquistato nel nord del Devon: la cugina di Emma, Melissa ha deciso di festeggiare lì il suo matrimonio. Tuttavia, i Renner, parenti americani di Detroit, cercano ogni modo per non partecipare all’evento, arrivando a chiedere a Lisbeth Madsen, la migliore amica della secondogenita Lizzie, di presentarsi al suo posto. Lisbeth, apprezzata ginecologa del Boston Medical Center, in Inghilterra per un master all’Università di Bristol, si trova così a dover trascorrere una settimana alla Rainbow Farm, obbligata a spacciarsi per la cugina americana che i parenti inglesi non vedono da anni. Il seguito di questo incipit ve lo facciamo solo immaginare.

In Alla fine dell’arcobaleno il lettore ritrova tutti i temi letterari cari all’autrice: l’amore per l’Inghilterra, il suo humor, i suoi costumi, la sua cucina, la sua campagna e la semplicità della gente che la abita. In più caratterizzano l’opera i riferimenti letterari alle autrici inglesi predilette dalla scrittrice: Jane Austen e le sorelle Brontë. La scrittura è diretta, pulita, efficace nel tratteggiare le situazioni umoristiche quanto nell’affrontare le scene drammatiche. 


Alla fine dell’arcobaleno è un romanzo fortemente caratterizzato dalle passioni dell’autrice e ci porta pagina dopo pagina dentro il mondo dei famigerati Woodhouse e più avanziamo nella loro conoscenza, più incredibilmente ci rendiamo conto che la loro vita assomiglia alla nostra. Perché, come viene citato nel romanzo, quando non ci capita più niente di inaspettato vuol dire che siamo morti. Ma il romanzo di Silvia Molinari è anche un ruscello di primavera che raccoglie l’acqua delle nostre lacrime e i raggi di sole dei nostri pensieri e li convoglia nel grande mare della vita: è un libro pieno di passioni, di rifiuti, di amori, di fraintendimenti, di apparenti sconfitte e incerte vittorie, di cattiveria e di bellezza, di sogni e di speranze.

Non si può vivere senza fidarsi di nessuno. Perché significherebbe non fidarsi neppure di sé stessi afferma sfrontata la protagonista Lisbeth al suo interlocutore. E quindi, per terminare questa recensione, anch’io vi suggerisco di leggere Alla fine dell’arcobaleno: un libro da tenere sul comodino e da rileggere in quei momenti della vita in cui vorremmo avere vicino un amico che non c’è.


Silvia Molinari, Alla fine dell'arcobaleno, Amazon Media Eu, 2019

sabato 1 giugno 2019

All'una e trenta

Cosa può capitare al Salone del Libro di Torino?


Per esempio ad un blogger curioso e in cerca di novità può capitare, come al sottoscritto è successo, di imbattersi in una nuova casa editrice (Edizioni le Assassine) che con coraggio pubblica testi “gialli” di scrittrici contemporanee e testi di scrittrici d’altri tempi, ma con tanto ancora da dire al lettore contemporaneo.

All'una e trenta
Una conferma di quanto ancora ci sia da scoprire nella letteratura gialla al femminile si ha dopo aver divorato il romanzo di Isabel Ostrander “All’una e trenta” pubblicato nella collana Vintage della casa editrice.

La Ostrander è stata una giallista statunitense nata nel 1883 a New York e morta nel 1924 a Long Beach in California. Al suo attivo ha una trentina di romanzi gialli e negli Anni Venti in America era conosciuta oltre che con il proprio nome, anche con pseudonimi maschili. Agatha Christie si ispirò alla Ostrander per le figure di due suoi detective, Tommy e Tuppence, presenti in Partners in Crime, pubblicato nel 1929. Purtroppo la prematura scomparsa non le ha permesso di avere quel successo che avrebbe meritato.

Nel romanzo, magistralmente tradotto da Daniela Di Falco, il protagonista è il detective Damon Gaunt la cui caratteristica principale è quella di essere cieco.


L’ambientazione è quella dell’alta borghesia newyorkese nei primi decenni del Novecento: alta finanza, nobili fanciulle, truffatori, uomini arricchiti e servi fedeli solo al denaro. Un cadavere di un ricco signore che, pagina dopo pagina, si scoprirà essere meno ricco di sentimenti…

In questo mondo, il detective Gaunt si muove a suo agio, per nulla menomato dalla mancanza di un senso che, come spesso accade, gli ha fatto sviluppare in maniera esponenziale gli altri, ma soprattutto, il suo intuito che si rivelerà prezioso per la soluzione del caso.

L’autrice ci svela come anche un uomo che in apparenza può sembrare fragile di fronte alle difficoltà della vita, può invece riuscire là dove un normo dotato fallisce: l’ispettore di polizia Hanrahan non vede le tracce che il detective Gaunt intuisce.


La Ostrander si dimostra una scrittrice profonda, precisa nella descrizione del suo detective e dei personaggi che ruotano sulla scena, dando ad essi uno spessore psicologico persino anticipatore dei tempi, tenuto conto che gli studi di psicanalisi non erano ancora divenuti patrimonio comune.

Come sempre non ci interessa raccontare per filo e per segno la trama di un libro giallo, per giunta poco noto al grande pubblico come questo. Prima di terminare questo post ci interessa invece dire ancora un paio di cose: la prima è che ci auguriamo di leggere tradotti in italiano altri romanzi della Ostrander; la seconda è che le “Assassine” proseguano nella loro meritevole opera di presentarci nuove scrittrici di noir e di gialli, contemporanee o meno, non importa. L’importante è conoscere nuovi scrittori e scrittrici e con loro continuare a visitare nuovi mondi.

Perché ogni libro che si legge è un viaggio che compiamo dentro e fuori di noi.


Ah, mi stavo dimenticando: non perdetevi il romanzo della Ostrander “All’una e trenta”!
 
Isabel Ostrander, All'una e trenta, Edizioni le Assassine, 2019