Giovannino Guareschi |
Scriveva Giovannino Guareschi che le più grandi sciagure dell’umanità sono state originate da chi ha voluto semplificare la vita, pianificando il mondo.
Questa affermazione ben si adatta a chiudere la serie di post che abbiamo pubblicato sulla rivoluzione russa, perché in fondo, proprio questo Lenin aveva in mente: la creazione di un nuovo mondo e di un nuovo uomo che fosse finalmente libero di vivere felice sulla terra, senza più le costrizioni, le catene e i pesi imposti dalla cultura della borghesia capitalista: in sostanza il paradiso sulla terra, forgiato dagli uomini senza l’intervento di Dio.
Il nuovo leader non lascia passare molto tempo prima di iniziare la sua opera. Appena conquistato il potere, il 26 ottobre 1917, Lenin fa emanare dal Congresso dei Soviet i primi tre decreti attuativi del nuovo ordine che da lì a pochi mesi verrà imposto a tutta la Russia. Il primo decreto chiede una pace giusta ai Paesi belligeranti e pone fine all’intervento russo nella prima guerra mondiale. Il secondo decreto legalizza gli espropri compiuti dai contadini e socializza la terra. Il terzo decreto riguarda la formazione del nuovo governo degli operai e dei contadini, di cui Lenin è nominato Primo ministro.
Il giorno successivo, 27 ottobre, da Premier Lenin emana il decreto sulla stampa borghese, che viene messa fuori legge. Vengono immediatamente chiusi 122 giornali e altre 340 testate saranno chiuse entro l’agosto 1918. Il libero confronto delle idee in Russia è diventato un reato. Il 22 novembre 1917 viene emesso il decreto sui Tribunali che prevede lo smantellamento del sistema giudiziario pregresso e l’instaurazione dei Tribunali rivoluzionari: la giustizia d’ora in avanti è al servizio del partito unico. Il 7 dicembre 1917 viene istituita la Ceka, un ente speciale per la repressione e la lotta alla controrivoluzione il cui comandante risponde al capo supremo del Partito, non del Governo. Insieme a questa struttura nasce anche una nuova categoria umana, il cekista, un tutore dell’ordine che ha devoluto la propria coscienza personale alla causa del partito. Il 16 dicembre 1917 viene rilasciato il decreto sul matrimonio civile che è l’unico riconosciuto legalmente, mentre quello religioso diventa un fatto privato. Inoltre nel 1920 la Russia sovietica diventerà il primo Paese al mondo a legalizzare l’aborto.
La fine della guerra, la terra ai contadini, la libertà di stampa, l’amministrazione della giustizia, il controllo del partito sulla società, il matrimonio: tutti temi caldi nella Russia del 1917 e Lenin capisce che deve partire da essi per iniziare l’opera di sradicamento delle vecchie abitudini e della vecchia cultura pre-rivoluzionaria, anche a costo di rieducare forzatamente milioni di russi alla novità rappresentata dall’uomo sovietico.
In pochi mesi Lenin getta le basi per dare vita ad una rivoluzione culturale, ispirata al marxismo: la creazione di un uomo nuovo che poggi la sua fede esclusivamente nel partito e si identifichi in esso come ideale, modello e valore esaustivo di vita. Ma qui sta il punto dolente: dalla totale liberazione desiderata da Lenin per la sua creatura, l’uomo sovietico, si passa al totale controllo dell’io e dei suoi affetti, sino ad arrivare ad un radicale materialismo e alla creazione di una vera e propria religione atea, al posto di quella cristiana.
Il tentativo di Lenin e dei suoi seguaci è quindi fallito, ma questo è un fatto acclarato e non è questo il momento di analizzare i settant’anni di storia dell’Unione Sovietica. Le ragioni del fallimento sono già tutte presenti nell’emissioni dei primi decreti di Lenin: non è possibile infatti ingabbiare l’uomo per lungo tempo e costringerlo a comportamenti che non lo costituiscono e lo privano della propria libertà: presto o tardi essa risorgerà e si farà sentire.
Scrive Berdjaev nel 1917: “Nella vecchia Russia non c’era abbastanza rispetto per la persona umana. Ma ora ce n’è ancora meno. A intere classi sociali viene negato il valore della persona, non si rispetta la persona; nei riguardi delle classi sociali che la rivoluzione emargina, si compie un omicidio spirituale che poi si trasforma facilmente in omicidio fisico”. E lo storico Pierre Pascal scrive nel 1934: “Il contadino russo che aveva visto nella rivoluzione del 1917 il mezzo per liberarsi dal giogo dello Stato, il cui peso sopportava da secoli, paga oggi il prezzo di un sistema totalitario che non conosce eguali nella storia”.
Quello che Lenin ha ignorato era il fatto che per realizzare il paradiso sulla terra, semmai lo si volesse proprio edificare, non era necessario rivoluzionare con la forza gli usi e i costumi di un popolo, ma era sufficiente puntare al cambiamento del cuore dell’uomo: solo così infatti, parlando al cuore dell’uomo, senza costrizioni, si può pensare di ottenere nel tempo quei piccoli cambiamenti quotidiani che potranno farci vivere attimi di felicità sulla terra.
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