La migliore offerta, Italia, 2013 - Regia di Giuseppe Tornatore
Recensione di Deborah Lepri
“Ogni falso nasconde sempre
qualcosa di autentico”. Un assioma riferito dapprima all'arte, ma che poi si
estende in modo sottile ai sentimenti e ai rapporti umani.
E' questo che sembra volerci dire
Tornatore nel suo nuovo film “La migliore offerta”: anche le imitazioni
racchiudono una traccia personale, magari solo un accenno, che contribuisce a
rendere unica quell'opera.
La voce che per prima narra allo
spettatore di questa commistione tra vero e falso è del protagonista (un ottimo
Geoffrey Rush). Virgil Oldman è un rinomato battitore d'aste, che vive in una
non ben definita Mitteleuropa e che elargisce mance da 50€
come fossero noccioline; un uomo circondato di assistenti ma che non potrebbe
condurre una vita più triste e solitaria (cosa che non manca di essere
sottolineata dal paragone visivo con una candela e un sottile calice da
champagne).
All'inizio si ha il dubbio che
sia germofobo – con una collezione di guanti da far invidia -, poi si scopre
che ha solo ribrezzo a toccare le cose degli altri. Queste ultime però non
comprendono le centinaia di quadri raffiguranti donne di ogni epoca e stile che
colleziona e custodisce e venera, recuperate dalle proprie aste grazie alla
sinergia con l'amico Billy (Donald Sutherland).
I guanti cominciano a non
servirgli più nel momento in cui si
imbatte nella misteriosa miss Claire, una giovane che soffre di agorafobia e
che lo trascina in una spirale di curiosità maniacale. Smania che viene
alimentata dal giovane orologiaio – ma non solo – Robert (Jim Sturgess), che lo
aiuta a conquistare la fiducia e il cuore della ragazza. Ma non è tutto oro ciò
che luccica...
Tornatore accompagna lo
spettatore in luoghi spesso claustrofobici al seguito di Virgil; lo avvicina
alle psicologie dei protagonisti, che però sono imprevedibili e sfuggono tra un
pezzo d'antiquariato e l'altro non appena si crede di averle capite.
Forse un thriller psicologico,
forse un dramma sulla solitudine – è difficile ascrivere “La migliore offerta”
a un genere. Di sicuro il regista tiene lo spettatore col fiato sospeso; quando
poi sembra concludersi il tutto, glielo mozza. Arrivati al finale, non si sa
più cosa pensare della storia narrata nell'arco delle due ore precedenti.
Dapprima straniamento, forse, poi viva ammirazione.
Ma soprattutto si tende a
ribaltare l'assioma di apertura: “anche nelle cose autentiche si nasconde
sempre qualcosa di falso” - in qualunque ambito, con ogni possibile
conseguenza.
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