Dire che la
situazione politica italiana sia confusa è un eufemismo. Nel centro destra,
Berlusconi silente, parlano gli attori non protagonisti, ma il problema è che
ciascun gregario propone scelte e strategie opposte a quelle del collega di
partito. Chi vuole riagganciare con la Lega di Maroni, chi non vuole neanche
sentirne parlare. Due grandi regioni, Lazio e Lombardia, governate dal PDL, in
piena crisi di nervi con i Governatori che si muovono su binari opposti: quello
laziale attendista nel fissare la data delle nuove elezioni, quello lombardo
vorrebbe votare domani.
Nel centro sinistra situazioni di delirio politico analoghe,
degne di nota solo come spunto per le battute dei comici di turno che di questi
tempi non fanno fatica a scrivere il copione. All’interno del PD le primarie
stanno riuscendo a spaccare nuovamente il partito, ma questa volta per fasce di
età, non per ragioni ideali. Se le primarie le vince Bersani, D’Alema non si
candida alle elezioni politiche, se vince Renzi cosa fa D’Alema? Combatte sino
alla morte! Veltroni invece rinuncia di suo, tanto sa benissimo che nessuno l’avrebbe
cercato per offrirgli un seggio in Parlamento, ma il prossimo maggio si elegge
il nuovo Presidente della Repubblica e ci sono i nuovi senatori a vita che il
nuovo Presidente potrebbe nominare…
Il centro
centro ormai offre solo posti in piedi: Casini, Fini, Montezemolo, Tremonti,
Della Valle. E’ uscito Rutelli che si è spostato a sinistra dove però trova Di
Pietro e Vendola che sono forse gli unici veri oppositori di questo governo tecnico
che ha compiuto più azioni politiche degli ultimi governi politici che
tecnicamente cercavano, senza riuscirci, di evitare agli italiani l’ultimo anno che
invece ci è toccato di vivere. In mezzo al guado il Grillo che ha smesso di
saltare (adesso nuota) e che raccoglie intorno a sé ancora molti consensi, ma sembra
che gli italiani stiano incominciando a nutrire qualche dubbio se sia il caso
di affidare a persone senza esperienza alcuna di gestione della res publica un
bene pubblico che sia più “importante” di Parma.
Se questo è
lo scenario, tra pochi mesi per chi gli italiani dovrebbero andare a votare?
Tra l’altro per ora una nuova legge elettorale non è stata ancora approvata dal
Parlamento, quindi si andrebbe ancora a votare con i candidati scelti dalle
segreterie dei partiti (senza considerare che ci sono partiti che non hanno
neanche la segreteria, ma forse solo una segretaria). E i programmi? Qualcuno sente
parlare seriamente di programmi?
Purtroppo
il vero problema che ha l’Italia e che dovrà per forza essere affrontato, e
speriamo risolto, nella prossima legislatura è l’abbattimento del debito
pubblico, quei 2.000 miliardi di euro che rendono vana ogni manovra finanziaria o
di stabilità. Sono 80/90 miliardi di
euro all’anno di interessi che paghiamo che ci impediscono di uscire dalla
spirale recessiva. Questo è il vero tema che i partiti che si candidano a
governare l’Italia devono studiare e devono spiegarci come intendono risolvere.
Il resto sono solo chiacchiere. E gli italiani temo che si siano stancati di
chiacchiere. Se non ci sarà chiarezza
sui temi economici, su questo tema economico la cui soluzione renderà veramente
possibile parlare di rilancio dell’economia, del lavoro e di tutto il resto, a
votare gli italiani non andranno. L’astensionismo è il vero nemico che i
partiti politici devono temere, non il Grillo natante.
Ci servirebbero
dei politici nuovi che abbiano idee nuove per affrontare i tempi nuovi che
stiamo vivendo. La recessione può essere da stimolo per sviluppare nuove idee,
nuovi pensieri, concepire soluzioni nuove a problemi vecchi. Per esempio i
leghisti in Lombardia sostengono che votare subito per le regionali costerebbe
50 milioni di euro che potrebbero essere risparmiati se si votasse in primavera
insieme alle politiche. A parte il fatto
che nessuno può sapere cosa "costerebbero" sei mesi di campagna elettorale alla
Lombardia, ma chi ha detto che i componenti dei seggi elettorali debbano essere
pagati in contanti? Chi ha detto che non
si possa risparmiare evitando di stampare tutta quella carta e tutti quei
registri (chi è stato membro di un seggio elettorale sa di cosa parlo) che poi
nessuno va a leggere e a guardare? Si potrebbe ridurre la burocrazia di un
seggio elettorale e le persone che lavorano per due giorni al seggio potrebbero
ricevere un voucher da spendere entro 12 mesi per servizi resi dalla pubblica
amministrazione. Per esempio potrebbero essere spesi in Posta, presso le ASL o
per pagare multe o ammende o inventarsi altre soluzioni.
Lo Stato (in senso
lato) eviterebbe così uscite di cassa immediate e le spalmerebbe su dodici
mesi, senza contare che qualcuno il voucher potrebbe anche perderlo… (ops, non volevo scriverlo).
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