Personalmente ritengo negativa l’esperienza politica degli
ultimi venti anni vissuta dagli italiani. Tutti i Governi che si sono
succeduti, di centro destra come di centro sinistra, non sono stati in grado di realizzare quelle
riforme che sarebbero state necessarie per far progredire il Paese. E la prova
è la situazione attuale che stiamo vivendo. E’ vero che la crisi è generale, ma
l’Italia la sta affrontando con più difficoltà degli altri Paesi europei
comparabili sul piano economico (Germania, Francia, Inghilterra ).
E allora ascoltare ieri pomeriggio in diretta televisiva il
comizio elettorale (fuori tempo massimo a dire il vero in quanto oggi si vota
in Sicilia) dell’ex Presidente del
Consiglio Berlusconi sull’Italia che vorrebbe, mi ha suggerito alcune
riflessioni.
La prima riflessione è la conferma che abbiamo perso
letteralmente venti anni. In Italia non siamo riusciti a portare avanti nessuna
vera riforma del Paese. I mali della giustizia che stanno tanto a cuore a
Berlusconi è innegabile che esistono: processi troppo lunghi nei tempi, una
corporazione, quella dei magistrati, che svolge sicuramente un lavoro
impegnativo, ma che sembra godere del privilegio di poter sbagliare senza
pagare pegno ( cito solo un nome: Enzo Tortora). La riforma del mercato del lavoro, che ha
dato buoni risultati in Germania e in Francia, da noi ha prodotto per i giovani
solo occupazione temporanea rinnovata sine die. La riforma della scuola, parte
fondamentale per una vera riforma generale del Paese, non è stata capace sino
ad ora di rimettere in gioco positivamente il mondo degli insegnanti (che non
si sentono valorizzati nel loro ruolo sociale).
Ho toccato tre temi esemplificativi, ma si potrebbe continuare perché,
al di là delle quaranta riforme portate avanti dai Governi Berlusconi ricordate
ieri dall’ex Premier (senza però elencarle ) , l’unica riforma attuata in
Italia e citata è stata quella dell’Alta Velocità. A questo proposito si potrebbe
discutere se valeva la pena spendere i miliardi di euro investiti nell’alta
velocità (oppure quelli già spesi per i progetti sul ponte dello
stretto di Messina) per arrivare a Roma da Milano un’ora prima (quando poi si
perdono ore nel traffico cittadino) al posto di investire quei fondi per
esempio, nella cura del nostro territorio che è stato completamente
abbandonato in questi ultimi decenni perché i comuni non hanno fondi per la
manutenzione di strade, letti dei fiumi, messa in sicurezza delle colline,
delle coste ecc.
La seconda riflessione è che non solo la classe politica
italiana negli ultimi venti anni non si è rivelata all’altezza dei compiti che l’attendevano,
ma anche la classe imprenditoriale non è stata capace di far fare alla Nazione
quel salto in avanti necessario per continuare a crescere. Personalità come
Giovanni Agnelli, Adriano Olivetti, Enrico Mattei, Leopoldo Pirelli per citare
solo alcuni imprenditori, al di là del giudizio personale che ciascuno può
avere, avevano una visione imprenditoriale e l’hanno perseguita, da
imprenditori, portando benefici all’intero Paese. Purtroppo, questi personaggi
non hanno avuto dei degni successori e l’unico imprenditore che forse si poteva
inserire in questo elenco, Berlusconi, ha scelto di occupare un campo, quello
politico, che non gli competeva. Infatti in nessun Paese civile un imprenditore
proprietario del maggior network televisivo privato con l’aggiunta di giornali
e partecipazioni in banche e assicurazioni avrebbe potuto sommare su di sé
anche il potere politico derivante dalla carica di Primo Ministro. E tutto ciò
per anni.
Questa forse è stata l’anomalia più straordinaria che il
sistema Italia ha dovuto sopportare in questi ultimi venti anni. Eliminarla a
suo tempo avrebbe sbloccato uno stallo politico che forse è all’origine di
tante riforme mancate. Ci si è divisi tra sostenitori e contrari a Berlusconi e
quasi tutte le leggi che si proponevano
in Parlamento venivano viste dai rispettivi schieramenti politici in
quest’ottica e quindi promosse o bocciate di conseguenza, non per un vero
giudizio di valore che questi provvedimenti potevano portare in sè.
La crisi attuale che stiamo vivendo è sì crisi economica, ma
è anche crisi di fiducia. Occorre una seria riflessione da parte di tutti e
rivedere le nostre idee e le nostre opinioni e forse rendersi conto che alcuni
modelli di sviluppo, di pubblicità, di falso benessere che ci sono stati
proposti in questi anni in realtà non portano da nessuna parte.
Scriveva Albert Einstein nel 1931 nel Mein Wetbild:
“ Non pretendiamo che le cose cambino se continuiamo a fare le stesse cose. La
crisi può essere una grande benedizione per le persone e le Nazioni perché la
crisi porta progressi.”
E' un grosso problema, secondo il mio paree è dovuto in aprte al fatto che i politici non hanno mai vissuto all'estero e quindi non sanno come procedono le cose nel rsto del mondo (stavo per scrivere "nei paesi civili"). Io farei una legge che imporrebbe ai candidati al parlamento di dover certificare di aver visuto almeno 12 mesi all'estero.
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