Ha citato Pascoli il super fedelissimo di Mario Monti,
Pierferdinando Casini, per commentare la ridiscesa in campo del Cavaliere: “C'è
qualcosa di nuovo oggi nel sole, anzi d'antico…” Gli esponenti del centro
sinistra invece hanno usato termini meno poetici.
Personalmente, non abbiamo mai creduto ad una ritirata del
Cavaliere dalla politica, non ancora almeno, non ora. I motivi sono molteplici,
ma principalmente sono i medesimi che lo hanno spinto venti anni fa a scendere per la prima volta in politica.
Il 1 novembre 2011
(cioè prima delle dimissioni del Governo Berlusconi) il prezzo ufficiale del titolo Mediaset alla
Borsa di Milano era di 2,5144 euro per azione. Venerdì 13 luglio 2012, ultima giornata
ufficiale della Borsa di Milano prima di oggi, il prezzo di un’azione Mediaset
è stato di euro 1,2591 per azione. Il calo è del 49,92% Ma c’è di più, dal sito internet istituzionale
di Mediaset è possibile scaricare il pdf di presentazione dei dati dei primi 4
mesi del 2012: i ricavi da pubblicità rispetto ai primi 4 mesi del 2011 sono
calati da 693 a 622 milioni di euro (meno 10%).
Obiezione: nello stesso periodo tutti i titoli azionari sono diminuiti
di valore inoltre con la crisi tutte le aziende investono meno in pubblicità. D’accordo,
però l’indice della Borsa di Milano il 1 novembre 2011 era a quota 14.928 e
venerdì 13 luglio 2012 ha chiuso a quota 13.714 con una diminuzione dell’8,13% e nello
stesso periodo di tempo SKY ha registrato un + 25% di investimenti pubblicitari
e la raccolta sulla rete internet è anch’essa cresciuta. Tralasciando inoltre di commentare tutti gli
indici finanziari, quello che salta all’occhio è che l’utile netto dei primi 4
mesi del 2011 del gruppo Mediaset era stato di 51,4 milioni di euro mentre l’utile
netto dei primi 4 mesi del 2012 è stato di 1,5 milioni di euro (con una
diminuzione del 97%). Qui sta il vero
nocciolo del problema del conflitto d’interessi. Con Berlusconi fuori dalla
scena politica, sono calati in 9 mesi gli investimenti pubblicitari e il gruppo
Mediaset, che vive di pubblicità, è diventato un gruppo industriale come gli altri.
La seconda grande motivazione che spinge il Cavaliere a
scendere in campo è, a nostro giudizio,
dettata dall’ambizione personale. L’anno prossimo per Berlusconi è l’ultima
occasione, per ragioni anagrafiche, di cercare di farsi eleggere Presidente
della Repubblica. Per avere almeno una possibilità di riuscire nell’impresa (oggettivamente
titanica a dir poco) occorre però avere un Parlamento favorevole. Magari non
servirà vincere le elezioni, ma sicuramente servirà non avere in Parlamento una
maggioranza fortemente contraria. Da qui
discendono per il PDL tutti i ragionamenti in corso sulla riforma della legge
elettorale e la decisione dello stesso Berlusconi di gestire in prima persona
la questione. Il segretario nominato Alfano si è rivelato infatti debole nel
mantenere unite le diverse anime del PDL che riconoscono ancora a Berlusconi la
leadership vera del movimento. Senza più Berlusconi in campo il PDL è destinato
a dividersi. Ed affrontare le prossime elezioni politiche divisi al proprio interno
significa andare incontro ad una sconfitta certa, anche perché recuperare il
rapporto con la Lega di Maroni non sarà cosa facile. Perdere male le elezioni
sarebbe per Berlusconi come dire addio al sogno di diventare Presidente della
Repubblica.
Ciò detto cosa ci possiamo aspettare noi italiani per i
prossimi mesi? Gli scenari che si possono aprire sono i più diversi possibili e
dipendono da variabili politiche ed economiche che oggi nessuno può
realisticamente prevedere. Anche perché a fronte di un PDL che si sta
ricompattando intorno al vecchio leader, c’è un centro sinistra unito sui
massimi sistemi, ma diviso sulle cose da fare. Forse la discesa in campo di
Berlusconi potrebbe in questo senso essere un aiuto anche per l’altro
schieramento, staremo a vedere.
Una cosa è certa, il Governo Monti si sta conquistando in
ambito internazionale quella garanzia di sopravvivenza sino al 2013 che i
partiti politici italiani che lo sostengono non sembrano voler concedere completamente.
E se fosse proprio Monti, una volta non più premier, il candidato del centro
sinistra per sostituire Napolitano al Quirinale?
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