L'ultimo dato Ocse riferisce che in Italia il livello percepito di corruzione nelle Istituzioni è pari a 90 su una scala di 100. Solo per citare il Paese europeo meno corrotto, la Svezia, il livello di percezione è pari al 15%.
Purtroppo da anni noi italiani siamo completamente assuefatti e senza reazioni a questo genere di statistiche, e questo è un male, se vogliamo una nostra colpa che ci caratterizza, ci marchia sin dai primi anni di vita.
Appena nati, giusto il tempo di iniziare a muovere i primi passi e la prima percezione di un evento corruttivo che riceviamo dai nostri genitori è la lotta per ottenere un posto all'asilo nido pubblico. La prima esperienza di raccomandazione, a nostra insaputa.
Se siamo stati bravi e abbiamo superato il periodo di studi primario (elementari, medie e liceo come si chiamavano una volta i cicli scolastici) sbarchiamo all'università dove ci troviamo di fronte professori i cui cognomi si ripetono con curiosa periodicità a distanza di decenni…
Se poi, una volta terminati gli studi, si riesce ad entrare nel mondo del lavoro, le residue speranze giovanili di cambiare il mondo, svaniscono miseramente. Se si punta sul settore pubblico, la situazione appare immediatamente chiara: il giovane e brillante laureato farà carriera se si troverà uno sponsor politico che lo sorreggerà e lo farà arrivare fino a dove la sua capacità camaleontica potrà farlo arrivare, ad un certo punto troverà sulla sua strada uno più camaleonte di lui che lo fermerà. La parola meritocrazia non rientra nel vocabolario del dipendente pubblico.
Se invece il giovane si orienta verso il settore privato, la situazione che troverà in aziende multinazionali o comunque di dimensioni medio grandi non sarà molto diversa, anche se almeno all'inizio un minimo di carriera la potrà tentare puntando sulle sue capacità. Ma ad un certo punto si accorgerà che la mala pianta della “raccomandazione” in senso lato ha attecchito anche nel settore privato. E quindi solo se farà parte di un determinato gruppo di potere o di una determinata corrente politica, se l’azienda ha rapporti con la PA, riuscirà a fare carriera. Altrimenti resterà sempre un brillante quadro direttivo, un buon funzionario ma nulla più.
Il dramma italiano risiede in questo: sia che si lavori nel pubblico, sia che si lavori nel privato, si troverà sempre qualcuno che tenterà di corromperci offrendoci una regalia, grande o piccola che sia, per farci compiere qualcosa che già avremmo dovuto compiere in quanto rientrante nei nostri doveri. In Italia molti pensano questo: senza fare una regalia a qualcuno, si crede che la prestazione cui si ha diritto sia di qualità inferiore, di livello più basso del dovuto.
Altri invece in ragione del posto che occupano, soprattutto pubblico, si sentono autorizzati a chiedere una regalia a coloro con i quali entrano in contatto per motivi lavorativi, facendo credere che in questo modo la prestazione da ricevere arriverà prima o non ci saranno problemi ad ottenerla. A tanto è arrivato il nostro modo malato di pensare…
Del resto la stessa parola scandalo (nel suo significato di caduta, inciampo, impedimento) ha perso quel sensazionalismo che fino a pochi anni fa ancora possedeva. Non ci stupiamo più di nulla. Cosa fare allora, da dove partire? Non ci interessa qui approfondire l’aspetto morale della questione, che pure sarebbe il nocciolo fondamentale da cui iniziare. Le recenti parole del Papa a Napoli sulla puzza della corruzione sono indicative da questo punto di vista.
Il nostro approccio al tema corruzione qui è di tipo pragmatico: basterebbe partire da alcune piccole azioni concrete e non da grandi e corposi interventi legislativi per incominciare ad invertire la tendenza.
• A titolo di esempio: se una persona viene condannata per reati contro la Pubblica Amministrazione perde il diritto a vita di candidarsi ad una carica pubblica e non può più intrattenere rapporti con la PA.
• I membri dei Consigli di Amministrazione delle società quotate e di quelle che superano una determinata soglia di fatturato non possono cumulare più di due incarichi di pari livello in società diverse.
• La nomina dei membri dei Collegi Sindacali cui spetta per legge il compito di verificare il corretto operato dei Consigli di Amministrazione non devono più essere scelti dai membri del CDA stesso, ma devono essere nominati da una parte terza, possibilmente pubblica e scelti da un elenco anch’esso pubblico di professionisti abilitati.
• Tutte le cariche pubbliche elettive possono essere ricoperte al massimo per due mandati consecutivi, esauriti i quali non ci si può ricandidare alla medesima carica per i successivi due mandati.
• Per tutte le posizioni dirigenziali e apicali all'interno della pubblica amministrazione devono valere i medesimi principi: i dirigenti non possono rimanere per più di un numero prefissato di anni nella medesima posizione, dopo di ché devono essere spostati ad altri incarichi.
Basterebbero queste poche e banali regole di buon senso per iniziare veramente ad inviare agli italiani un segnale forte di inversione di tendenza… Probabilmente alcuni di voi giudicheranno eccessivi certi divieti, ma non è anche eccessivo il livello di corruzione raggiunto? Quando finalmente l’Ocse ci informerà che il livello della corruzione percepita in Italia sarà pari al 50%, allora forse potremo ripensare a modificare le norme, non prima.
Non c'è come iniziare veramente a fare una cosa per essere già a metà dell'opera. Quando si capirà che l'aria è cambiata, allora anche chi proprio non riesce ad abbandonare la mentalità corruttiva, inizierà a pensare che forse il gioco non vale la candela...
Naturalmente per fare tutto ciò occorre una forte e decisa volontà politica… il governo di Matteo Renzi avrà questa volontà?
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