Mentre i partiti politici, vecchi e nuovi, si preparano alle
prossime sfide elettorali, l’Istat oggi ha reso noti i dati di novembre 2012
relativi alla produzione industriale in Italia. In sintesi: produzione
industriale complessiva annua in diminuzione del 7,6% rispetto al 2011; nell’ultimo
mese meno 1%; per i beni strumentali il calo su base annua è del 7,2%; per i
beni di consumo durevoli calo del 6,4%, per la produzione di energia il calo su
base annua è del 7,7%. Inutile
continuare.
Pur se non disponiamo ancora dei dati di dicembre, possiamo
sicuramente affermare che peggio di così il 2012 non poteva andare per l’economia
italiana. A chi addebitare questa situazione? Al Governo uscente o alla
congiuntura internazionale oppure ai precedenti Governi che pur avendo goduto
in Parlamento di maggioranze più o meno “bulgare” non hanno saputo o potuto
approfittare per cambiare il sistema? Se qualche leader politico volesse
tentare di rispondere non usando la demagogia, sarebbe ben accetto.
Mentre il Paese reale metabolizza questi dati e cerca di
andare avanti lavorando e pensando al futuro, i candidati premier (consapevoli
o a loro insaputa) e i leader (attuali e futuri) di partito in questi giorni
stanno mettendo a punto le strategie, le alleanze e le squadre per affrontare la
campagna elettorale.
La preoccupazione principale dei partiti e dei politici,
direi di tutti, nessuno escluso, sembra però quella di cercarsi un posto in
qualche lista, possibilmente “sicura” e di gettare fango sul concorrente
ritenuto più temibile per sé. E poi ci
sono le promesse elettorali con le quali gli stessi politici credono di
convincere e conquistare alla propria causa il popolo, anzi sarebbe meglio
definirlo il popolino vista la considerazione che manifestano per noi.
Non comprendo come qualche “lungimirante” uomo politico
nostrano non abbia ancora pensato di affittare uno stadio di calcio e offrire
gratis ai cittadini la visione di una partita oppure un concerto o, visto che
il carnevale è vicino, organizzare una grande festa mascherati magari da
antichi romani. Panem et circenses!
Quello che i nostri politici dovrebbero raccontarci in
queste settimane è come intendono, se andassero al governo, far ripartire la
produzione industriale (quindi parlare di crescita) e come intendono ridurre il
debito pubblico a partire da subito. Senza una riduzione lenta, ma costante del
nostro debito sovrano non riusciremo infatti ad uscire dalla spirale negativa
in cui siamo finiti, perché la spesa per interessi risulta troppo alta da
sostenere e gli sforzi fatti sino ad ora sarebbero vani. I bassi spread che in
queste settimane abbiamo registrato sui nostri Titoli di Stato, sono il frutto delle
ultime prese di posizione della BCE contro la speculazione in difesa dell’Euro
e dello slittamento, a partire dal 2015 (come previsto, ma con una copertura
massima del 60%) per terminare il 1 gennaio 2019 dell’entrata in vigore delle
regole di Basilea 3 relative agli standard di liquidità per il sistema finanziario.
Questo fatto, molto atteso dai Banchieri, ha dato respiro agli istituti di credito
europei non più obbligati, per ora, a
garantire i propri impieghi con asset allocation troppo onerose.
Le manovre “politiche” provenienti dall’Europa hanno ridato
fiducia ai Mercati sulla tenuta, nel breve periodo, del sistema finanziario
europeo e quindi gli Stati più esposti alla speculazione, come per esempio l’Italia,
stanno godendo di una diminuzione dello spread sul proprio debito sovrano. Però
nessuno è in grado di dire quanto durerà, posto che i fondamentali del nostro
Debito Pubblico rimangono quelli che sono e la ripresa della produzione
industriale non esiste. Proprio per
questo i nostri leader politici dovrebbero parlarci di ripresa economica e di abbattimento
del Debito Pubblico, non di IMU e di alleanze post voto tanto futuribili quanto
al momento senza senso.
Il tempo a nostra disposizione sta per finire, la terra gira
su se stessa ma avanza anche nello spazio! Non possiamo passare altri cinque
anni nell’immobilismo come abbiamo passato i precedenti venti anni, senza aver
portato a termine quelle riforme che sono necessarie per il progresso del nostro
Paese. Come scrisse Mark Twain: tra
vent'anni non sarete delusi delle cose che avrete fatto, ma di quelle che non
avrete fatto.
Cerchiamo di non ripetere l’errore.
Ah, quasi dimenticavo: auguri ad Aldebaran per il suo primo anno di vita!
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