Ci sono persone così povere che l'unica cosa che hanno sono i soldi.

Santa Madre Teresa di Calcutta

sabato 26 marzo 2016

Tradimento Misericordia e Resurrezione



Tra poche ore noi cristiani celebreremo la Pasqua del Signore. In questi momenti, chiamato a riflettere sul significato di questa festa, mi vengono in mente tre parole.

La prima è tradimento. Ce ne parla il Vangelo di Matteo: “Venuta la sera, si mise a mensa con i Dodici. Mentre mangiavano disse: «In verità io vi dico, uno di voi mi tradirà». Ed essi, addolorati profondamente, incominciarono ciascuno a domandargli: - Sono forse io, Signore?”.

Purtroppo il nostro cuore non riesce a non tradire. Anche l’amico più amico, il sentimento più nobile, lo sforzo più energico, alla fine devono cedere di fronte alla fatica del quotidiano. E a prendere il sopravvento sono da un lato la noia, dall’altro l’istinto.

Da soli non ce la facciamo a vincere noi stessi, la nostra debolezza: da soli l’unica esperienza veramente umana che possiamo mettere in atto è il tradimento. Non ci sono riusciti nemmeno gli Apostoli, che pure erano stati con Lui tre anni, oltre mille giorni in Sua compagnia, mattina, pomeriggio e sera: alla prima difficoltà lo hanno tradito. Lo ha tradito Giuda, lo ha tradito Pietro.

Siamo quindi stati creati per tradire?

La seconda parola che mi viene in mente è la parola misericordia.

Dio è misericordioso, amoroso, caritatevole. Dio è infinito amore e infinito perdono. E’ l’unico che può abbracciare il cuore dell’uomo improntato al tradimento e consolarlo.

Nella storia del mondo, sino ad oggi, solo un essere umano che ha calpestato questa terra si è dichiarato Figlio di Dio. Questa persona si chiama Gesù di Nazareth ed è venuta al mondo per prendere su di sé il tradimento del nostro cuore e redimerlo, riscattarlo, purificarlo, donarci un cuore nuovo capace di amare veramente.

Ma che prove abbiamo di ciò?

La terza parola che mi viene in mente è la parola resurrezione.

La Pasqua che andremo a celebrare tra poche ore è una Pasqua di resurrezione. Perché quell’uomo di nome Gesù, morto crocifisso dal tradimento dei suoi concittadini, dei suoi confratelli, dei suoi amici, rinchiuso in un sepolcro, dopo tre giorni è resuscitato.

Gesù, l’unico giusto al mondo che non ha mai tradito il suo destino umano, è passato dalla condizione cui tutti noi tendiamo, la morte, e l’ha vinta tornando in vita. Solo seguendo la sua via, il nostro cuore può imparare a rimanere fedele a sé stesso, al proprio desiderio di felicità, di solito infranto dall’inevitabile tradimento.

Anche oggi, immersi come siamo in un mondo fatto principalmente di immagini, quante volte al giorno siamo testimoni del nostro e dell’altrui tradimento? Quando poi il tradimento ultimo, la morte, colpisce i più indifesi, i più piccoli tra di noi, a volte il nostro cuore non riesce a sopportare la fatica ed arriva anche a ribellarsi a Dio. Ci chiediamo le ragioni di tutto questo male, di questo dolore. Ma non troviamo una risposta.

Ebbene, non sempre esiste una risposta al male del mondo. Non esiste una persona al mondo, neanche il Papa, che sappia dare una spiegazione razionale al dolore di una mamma che vede morire il proprio bambino, magari affogato in mare mentre stava cercando di portarlo in una terra accogliente (l’Europa) lasciandosi alle spalle anni di guerre e carestie. Nessuno può giustificare il dolore derivante dalla perdita di una persona che esce di casa per recarsi al lavoro e rimane vittima di un attentato in una stazione della metropolitana.

Solo la misericordia di Cristo è capace di abbracciare questo dolore e farsi sua compagnia. Occorre però che il cuore dell’uomo si renda disponibile a questo abbraccio misericordioso, che metta in gioco la propria libertà e dica il suo sì.

Questa è l’unica condizione per evitare di essere solo burattini nelle mani di un Altro.

Buona Pasqua a tutti.  

martedì 9 febbraio 2016

Renzi e il Festival di Sanremo...





Premessa: non siamo mai stati teneri con Berlusconi e i suoi governi. All’esperienza politica del Centro Destra italiano degli ultimi vent’anni addebitiamo il tradimento di quella rivoluzione liberale che avrebbe dovuto rimodernare il Paese, ma che nei fatti non si è vista.

Questo mancato rinnovamento ha comportato per l’Italia, rimasta fanalino di coda della UE, dopo quattro anni di crisi economica mondiale e l’uscita di scena pilotata dell’ultimo governo Berlusconi nel 2011, di dover subire i draconiani tentativi di salvataggio del proprio sistema economico, tutt’altro che riusciti, per motivi diversi, dei Governi Monti e Letta.

Fu per questo che gli italiani nel 2014 accolsero il giovane premier Renzi con entusiasmo e gli aprirono un mandato di credito quasi illimitato. Certo, forse non tutti i proclami del nuovo leader vennero accolti seriamente, con convinzione profonda, come quando all’inizio egli si presentò, promettendo di attuare nel Bel Paese una riforma al mese. Quella affermazione, agli occhi ormai senza più lacrime degli italiani, sembrò una boutade piuttosto che una to do list, un programma da attuare. Ma la fiducia rimase, anche perché alternative all’orizzonte non se ne vedevano… 

Poi finalmente arrivarono i primi tentativi concreti di cambiare il Paese, a partire dalla riforma costituzionale e dalla legge elettorale, tutt’ora non approvate, ma in dirittura d’arrivo. Seguirono la riforma del lavoro, della pubblica amministrazione, quella fiscale. Altre riforme invece si arenarono quasi subito. Come quella relativa alla riduzione dei costi della macchina amministrativa, la c.d. spending review, sbandierata nei primi mesi, letteralmente evaporata dopo la vendita delle prime dieci auto blu.

Ma tant’è. Il credito degli italiani a Renzi era tale e l’economia mondiale in ripresa, che il 2014 e l’inizio del 2015 passarono con il vento in poppa. Il grande successo del PD alle Europee del 2014 e l’indubbio successo di Expo nel 2015, di cui il Premier non mancò di evidenziarne la riuscita come fosse stata opera del suo Governo, contribuirono a rendere la leadership renziana sempre più convinta di avere l’appoggio della maggioranza degli italiani.

Ed è proprio da questa convinzione di aver in pugno il Paese, che hanno inizio i problemi attuali del governo Renzi. Alcune riforme attese da tempo, come quella del Jobs Act, nel corso del 2015 non hanno dimostrato di portare gli esiti sperati, cioè una riduzione della disoccupazione. Quella del sistema bancario, impostata nel 2015, sino ad ora non ha contribuito a creare quel clima di fiducia dei mercati nei confronti del nostro sistema economico, del nostro Sistema Paese, che rimane osservato speciale.

Di più, in Europa Renzi ha cercato di monetizzare troppo presto il pacchetto delle riforme interne, alcune ancora in corso, altre solo abbozzate (i famosi compiti a casa), chiedendo alla Commissione alcuni punti di flessibilità in più per la nostra spesa pubblica in un momento storico dove purtroppo la crescita economica vista nel biennio 2014/2015, peraltro debole, si sta fermando.

E arriviamo agli ultimi mesi, trascorsi con il dibattito politico interno focalizzato sulla riforma costituzionale e sulla legge per la parità dei diritti per le coppie omosessuali, mentre i pensieri degli italiani andavano da tutt’altra parte. Un tentativo per distogliere la mente dalla gravità della situazione economica?

Diciamo la verità: se al posto di Renzi ci fosse stato Berlusconi e la Borsa di Milano avesse perso dall’inizio dell’anno ad oggi quasi il 25% del suo valore di capitalizzazione, il leader di Centro Destra sarebbe stato oggetto di una potente campagna denigratoria e costretto alle dimissioni, come accadde nel 2011.

Con Renzi invece, come si sta comportando l’establishment che conta in Italia? Per ora tace, cercando appunto di distrarre l’opinione pubblica portandola ad occuparsi di grandi tematiche, di massimi sistemi che coinvolgono emotivamente le persone e le allontanano dagli argomenti spigolosi.

Fino a quando potrà durare il giochetto?

Perché una cosa è certa: in politica si guadagna il consenso e il potere con le promesse di un mondo migliore, ma si perde potere e consenso quando la borsa della spesa rimane vuota.

Ma da stasera ricomincia il Festival di Sanremo...

mercoledì 27 gennaio 2016

E alla fine, la solita montagna partorì il solito topolino...




E alla fine, la solita montagna partorì il solito topolino...

Viene da dire che il Ministro Padoan forse poteva concedersi qualche ora di sonno in più nella giornata di ieri ed evitare un tour de force con la dura commissaria danese Margrethe Vestager per spuntare un risultato come quello ottenuto sulla bad bank italiana che, alla fine, come voleva l’Europa, non si farà.

Dodici mesi di dibattiti, polemiche, incontri, più o meno istituzionali, sui diversi tavoli europei per poi partorire un accordicchio come quello di ieri. Che disastro. Per il nostro Governo, per Renzi, ma anche per l’economia italiana e in ultima analisi anche per l’Europa. 

Questo i falchi delle Nazioni del Nord non l’hanno ancora capito: ostacolare la ripresa della nostra economia e del nostro sistema finanziario, alla lunga non gioverà neanche a loro, sempre che alla lunga ci sia ancora una parvenza di unità economica europea da difendere.

Per rendere comprensibile al maggior numero di lettori il nocciolo dell’accordo ottenuto dal nostro ministro ieri sera possiamo dire che al posto di una bad bank italiana, ci saranno più cartolarizzazioni di crediti a sofferenza.

Mi spiego: i crediti a sofferenza delle banche (circa 200 miliardi di euro) resteranno nei bilanci delle singole banche che però potranno (non saranno obbligate) a fronte di un pacchetto di crediti ben individuato e con ancora qualche possibilità di recupero (in sostanza quelli meglio garantiti in via reale con ipoteche) cartolarizzarli, ossia emettere obbligazioni di pari valore dei crediti individuati. 

Inoltre, alla garanzia reale già collegata a questi crediti cartolarizzati, lo Stato italiano per renderli maggiormente appetibili a coloro che sottoscriveranno le obbligazioni, offrirà, dietro il pagamento di una commissione a carico della banca emittente, una ulteriore garanzia pubblica, statale. 

Così confezionato, il pacchetto regalo di obbligazioni “ex spazzatura” potrà essere allocato presso la BCE dove il nostro concittadino Draghi li accetterà in conto deposito elargendo alla banca depositaria liquidità che potrà essere spesa per sostenere, in teoria, gli investimenti di famiglie e imprese.

Questo in estrema sintesi. 

Di fatto questo è un modo elegante per prendere tempo senza risolvere il problema. E' certo infatti che prima o poi le obbligazioni dovranno essere rimborsate dalla banca emittente la quale per giunta si troverà sempre nei suoi bilanci i crediti a sofferenza, quelli appunto che nel frattempo ha cartolarizzato. E quindi mantenendo questi incagli nel suo bilancio, la banca dovrà sempre effettuare accantonamenti di fondi a scopo prudenziale come prevede la normativa bancaria europea. Questi accantonamenti continueranno pertanto, come accade oggi, ad essere una zavorra alla crescita economica.

In sintesi da questa super manovra del nostro Ministro Padoan non si otterrà quella spinta che tutti aspettavano per dare una scossa alla nostra economia che, ormai è chiaro, ha riacceso il motore, ma è rimasta in folle, e la strada non è in discesa.

Ci si accorge ora che non aver affrontato il problema banche negli anni passati, quando altre Nazioni hanno approfittato dei fondi Salva Stati per ripianare i buchi nei bilanci degli istituti di credito, è stato un errore strategico. Ora la normativa europea è cambiata con l’entrata in vigore del c.d. Bail in e non è più possibile operare come in passato, ma questo è avvenuto anche grazie al voto dei rappresentanti italiani presenti in Europa.

Allora viene un dubbio: ma i nostri parlamentari e politici eletti nelle diverse istituzioni europee hanno idea di cosa votano, e si rendono conto se i temi che si discutono possano o meno danneggiare il Paese?

L’impressione che si ricava da questa come da altre vicende europee è quella che abbiamo eletto in Europa una massa di politici impreparati ad affrontare temi tanto complessi, che si riempiono la bocca in campagna elettorale di parole di cui probabilmente ignorano il significato e che forse sono più interessati agli emolumenti che le cariche europee riconoscono che a portare avanti politiche sensate per il nostro Paese.

Alla fine, si ritorna sempre al punto fondamentale: quello che fa la differenza è la coscienza con cui si compie il proprio lavoro, qualunque esso sia, dal pulire una strada al votare una legge a Strasburgo o scrivere un articolo alla sera dopo cena, perché l’ultima a morire è la passione per questo Paese, il più bello del mondo, se non fosse per certi concittadini.

sabato 16 gennaio 2016

Cinema è Sogno



Cinema: una parola che segna tutte le stagioni della vita di ognuno di noi. La fanciullezza con i primi film a disegni animati che ci fanno ridere e contemporaneamente ci insegnano le regole elementari della convivenza, la gioventù con l’attenzione rivolta a conoscere il mondo dei sentimenti nel quale siamo immersi fuori e dentro di noi, l’età adulta, fatta di giudizio, di confronto, di conferme ed a volte di delusioni, la vecchiaia che si consola del tempo passato di fronte a quel medesimo schermo che le aveva svelato anni prima il futuro.

Il buio nella sala, il silenzio improvviso, la musica e le immagini: che lo spettacolo abbia inizio! Quanti brividi lungo la schiena hanno accompagnato l’inizio del film che avevamo scelto di vedere per trascorrere un paio d’ore in un altro mondo, forse in un nuovo mondo dove non saremmo mai più tornati?

Le parole. Nell’esperienza che si prova guardando un film, e non a caso non si dice leggendo un film, forse le parole, il discorso scritto e letto dei dialoghi ascoltati gustando l’opera, sono il lato più nascosto dell’arte cinematografica.

A questa lacuna, se così possiamo definirla, ha posto rimedio il volume di Giuseppe Alessio Nuzzo, Cinema è Sogno, edito da Pulcinella Editore di Acerra, Napoli.

L’opera raccoglie alcune tra le battute più significative e passate alla storia, dei film italiani dal 1930 ai giorni nostri. Certo, sono le frasi più belle secondo il gusto e la sensibilità dell’autore, che peraltro vive di e per il cinema, [Giuseppe Alessio Nuzzo, per chi non lo conoscesse è l'Ideatore e il Direttore del Social World Film Festival, Mostra Internazionale del Cinema Sociale di Vico Equense e vanta plurime esperienze internazionali nel mondo del cinema] ma vi assicuro che leggendo il libro sarà come ritornare indietro nel tempo della propria fanciullezza (che per il sottoscritto è iniziata nei primi anni Settanta) e da lì ripartire in avanti nel tempo per rivivere quelle sensazioni, quei sentimenti e quelle gioie provate la prima volta di fronte alle pellicole e scoprire che le stesse hanno costituito il nostro animo, il nostro modo di vedere la vita più di quanto noi stessi potevamo immaginare.

E’ stato un piacere profondo leggere e ricordare le frasi e i dialoghi di quei film che ci avevano colpito e stupito e fatto riflettere e pensare, come invece è stata una sorpresa leggere delle frasi o spezzoni di film che, senza averli visti in sala, ci è venuta voglia di conoscere. 

Perché anche a questo serve la scrittura e servono i libri: a divulgare e a far sorgere il desiderio di conoscere e di scoprire la realtà che ci circonda. Quello di Nuzzo è un libro per gli amanti del cinema, ma non solo. Direi per gli amanti della vita in generale, che se poi la vita la leggi attraverso gli occhi di una bella storia vista al cinema, forse è ancora più bella.

Però attenzione: “La vita non è come l’hai vista al cinematografo: la vita è più difficile”. Nuovo Cinema Paradiso di Giuseppe Tornatore, 1998 – Cristaldifilm

Cinema è Sogno è un’opera da tenere a portata di mano sul proprio comodino per farci compagnia quando ne abbiamo bisogno, peccato tenerla semplicemente sullo scaffale della libreria.


lunedì 11 gennaio 2016

Le référendum est-nous



L'appuntamento politico italiano più importante dell'anno 2016 sarà il referendum costituzionale che si terrà in ottobre. Il Premier Renzi non smette di sottolinearlo in queste prime giornate di ripresa della vita politica. Tutto ruoterà attorno a quell'evento. Dall'esito della consultazione dipenderà il futuro politico di Renzi e del Governo. Almeno, è in questi termini che la questione è stata posta dai medesimi.

In effetti, a ben pensarci, tutto quanto ha fatto sinora il Governo, indipendentemente dal giudizio positivo o negativo che ciascuno di noi dà al suo operato, trova le sue fondamenta nelle riforme di quelle norme costituzionali che sono state votate, attenzione non decise, ma solamente votate, in Parlamento. 

Da tali riforme l'Italia si dovrebbe aspettare la ripresa di quel circolo virtuoso che rimetterebbe in moto la vita politica, quella civile e infine quella economica del Paese. Personalmente crediamo e speriamo che un forte contributo alla rinascita del nostro Paese possa veramente arrivare da queste riforme, attese da anni. 

Ecco allora che diventa fondamentale per il destino del Paese, in questi dieci mesi che ci dividono dall'appuntamento referendario, approfondire e comprendere le modifiche che sono state approvate dal Parlamento, cercando di essere liberi il più possibile da pregiudizi e steccati ideologici perché in gioco c'è il futuro dell’Italia.

Se venissero bocciate le riforme, significherebbe che la stagione riformista del più giovane Premier che l'Italia repubblicana abbia avuto è arrivata al capolinea. Viceversa, se confermate, il Governo avrebbe il via libera nel proseguire la sua opera riformatrice almeno sino alle politiche del 2018.

Ma il problema secondo noi sta proprio qui. E' corretto collegare la vita del Governo Renzi all'esito del referendum? Tutti noi siamo consapevoli di come l'Italia abbia bisogno di ridisegnare il suo abito costituzionale, in alcuni punti desueto e tagliato su misura per un'Italia diversa da quella di oggi.

Ma c'è modo e modo per giungere ad un risultato. Quello scelto da Renzi, lo diciamo senza problemi, non ci convince in alcuni passaggi, soprattutto perché in gioco c'è la modifica della Costituzione. Certo, il Premier fa valere il fatto che si è comunque giunti ad una riforma, mentre in passato i tentativi di modificare il sistema si erano sempre arenati. Ma è sufficiente l'aver voluto raggiungere un risultato a tutti i costi per ritenersi soddisfatti? 

Sono solamente due i precedenti analoghi referendum costituzionali: il referendum del 2001 (su modifica della Costituzione proposta dal Governo D'Alema) e quello del 2006 (su modifica della Costituzione proposta dal Governo Berlusconi). Il primo confermò la decisione del Parlamento (con una partecipazione al voto decisamente bassa: 34,1% degli aventi diritto che approvarono la riforma con il 64,2% dei voti) e la riforma entrò in vigore; mentre il secondo venne bocciato dal popolo (la partecipazione al voto fu superiore al 2001 e pari al 52,30% degli aventi diritto ma la riforma fu bocciata dal 61,32% dei votanti). 

Nel primo caso, nel 2001, quando si tenne il referendum, le forze politiche (di Centro Destra) che sostenevano il Governo in carica (Berlusconi) erano opposizione al tempo della riforma votata dal Parlamento e confermata dal voto popolare (Riforma D'Alema). Nel 2006 capitò la medesima cosa: quando si tenne il referendum (25 e 26 giugno 2006) era da un mese salito in carica il secondo Governo Prodi e le forze politiche che avevano proposto la modifica della Costituzione (di Centro Destra) erano diventate minoranza nel Paese. La riforma però questa volta fu bocciata nel referendum con una maggioranza superiore a quella del 2001.

Questo per dire che un conto è sostenere la politica di riforme, anche coraggiose, che sta portando avanti l'attuale Governo Renzi, diverso è valutare nel merito la bontà o meno delle riforme stesse.

Certo non è un compito facile, ma abbiamo ancora dieci mesi per informarci e pensarci. L'importante è non sprecare questo tempo. Facciamoci trovare preparati perché questa volta sarebbe un errore imperdonabile mancare l’appuntamento con la storia.