San Francesco parla al nipote del Saladino |
Non sono d'accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo. Questa frase, scritta dalla saggista britannica Evelyn Beatrice Hall con riferimento al grande pensatore illuminista Voltaire, è stata utilizzata in questi giorni a sostegno delle ragioni del mondo occidentale in risposta all’atroce azione terroristica degli estremisti islamici contro la redazione di Charlie Hebdo.
Ma che cosa ci ha colpito in particolare della strage di Parigi?
Quasi ogni giorno accadono attentati terroristici in Iraq o in Afghanistan. In Nigeria i terroristi di Boko Haram sono mesi che mettono a ferro e fuoco città e villaggi, massacrando chi si oppone a loro e imponendo con la forza il Corano. Il dicembre scorso, in Pakistan un gruppo di Talebani ha assaltato una scuola con 500 studenti, uccidendone, prima di essere sconfitto dalle forze di polizia, 130. Infine, tra Siria ed Iraq, i terroristi islamici hanno addirittura riportato in vita il “Califfato” occupandone parte del territorio e imponendo con la forza a tutte le popolazioni la legge islamica. E potremmo continuare, purtroppo, citando altri esempi di azioni criminose portate avanti da gruppi terroristici islamici ed integralisti in questi ultimi anni.
Eppure l’opinione pubblica occidentale, che pure rimane scossa ogni volta che viene informata di questi fatti terribili, si indigna, si lamenta, invoca magari la pena di morte per gli autori di questi crimini, ma poi il giorno dopo riprende come se nulla fosse accaduto, guarda avanti, gira la pagina del tablet alla ricerca di una nuova notizia.
Questa volta, per l’eccidio di Parigi, sembra che sia diverso. Forse il mondo occidentale ha compreso che il livello dello scontro cui vogliono arrivare i terroristi islamici ha toccato un punto fondamentale, la libertà di esprimere le proprie idee, il proprio pensiero, ma anche la propria concezione della vita, degli ideali in cui si crede e per i quali una volta anche gli occidentali erano pronti a sacrificare l’esistenza.
Quegli uomini uccisi nella redazione del loro giornale satirico stavano esercitando un diritto “naturale” che il mondo occidentale riconosce universalmente come fattore costitutivo dell’essere umano: quello di esprimere liberamente il proprio pensiero. Certo la satira di per sé è uno strumento potente e può essere utilizzata in vario modo, dipende sempre dal cervello umano che se ne avvale. La satira può persino arrivare ad offendere quei principi e ideali per cui un uomo è disposto anche a morire pur di non rinnegarli, come fecero per esempio i martiri cristiani uccisi dai romani all’interno del Colosseo. Piuttosto che banale ed offensiva, la satira più efficace sarebbe quella rispettosa degli ideali e dei valori in cui credono milioni di uomini, siano essi cristiani, ebrei o musulmani.
Ma comunque il punto centrale di tutto quanto è accaduto a Parigi, non è la satira, ma ruota attorno al concetto di libertà. Il terrorista, ogni terrorista, indipendentemente dalla fonte, dall’idea che origina il suo gesto, crede, è convinto che la sua visione della vita sia l’unica giusta e valida e pretende di imporla agli altri con la forza, in nome di un Dio, di una Fede, di un Principio, di un’Idea. E noi cosa pensiamo di questa concezione della vita che hanno i terroristi islamici?
Il mondo occidentale nel quale viviamo sembra essere in bilico. Da un lato c'è la paura del diverso cui si risponde con la reazione violenta dell’inasprimento dei controlli, delle pene e della difesa arroccata del proprio modo di vivere. Dall’altro c’è il nichilismo esistenziale che permea ormai il pensiero di tante persone per le quali una fede, una religione è uguale ad un’altra, purché non venga imposta con la forza. Ma il punto è proprio questo. Se non si propone un altro modello, se non si contrappongono altri valori che rispondono meglio, per noi europei, alle nostre ragioni esistenziali, al nostro modo di vivere e pensare, alla nostra cultura e storia, non sarà facile resistere al disegno dei terroristi islamici.
Storicamente, è con l’affermarsi del cristianesimo e dei valori cristiani che l’Europa ha iniziato quel cammino culturale e sociale che l’ha portata, nei secoli, dopo aver sperimentato sui propri territori tutte le più grandi atrocità possibili ed immaginabili, dalle guerre di religione alla schiavitù, dal comunismo al nazismo, ad avere una concezione dell’uomo, della vita, della libertà che sono ormai considerati valori sacri ed inviolabili.
E’ nella verifica quotidiana con la realtà che si sperimentano questi valori e si dà risposta ai desideri del cuore dell’uomo. L’essere umano è l’unico “vivente” che ha consapevolezza dello scorrere del tempo e della destinazione finale della propria esistenza che è la morte. Questo principio è valido per ogni uomo che vive ora sulla terra, di qualsiasi razza sia ed a qualsiasi religione appartenga.
Occorre partire dai desideri e dai bisogni comuni degli esseri umani, indipendentemente dalla fede professata, dal colore della pelle o dalla razza cui appartengono, per stabilire punti di dialogo e riflessione reciproci che permettano di creare nuovi ponti tra culture e modi di vivere differenti così da impedire il dilagare di idee estremiste e radicali che portano all’odio e alla guerra.
Nei secoli passati, gli Unni di Attila o i Tartari di Gengis Khan misero a ferro e fuoco l’Europa, ma alla fine, quello che sopravvisse alla distruzione e alle macerie, fu il pensiero e la cultura cristiana, non quella di quei popoli barbari. E pensate che le imprese e le azioni di quei barbari invasori siano state meno cruenti e sanguinose di quelle odierne degli uomini del califfato? Non credo. Eppure alla fine, a prevalere fu il nostro modo di pensare, la nostra concezione della vita, della libertà, dell’uomo.
Certo, bisogna avere qualcosa in cui credere e qualcosa da proporre sul piatto della bilancia, in contrapposizione al pensiero e alle idee di questi nuovi terroristi che si rifanno ai precetti di Maometto, interpretandoli però secondo una loro ideologia, una loro visione della vita che non è condivisa dalla stragrande maggioranza dei musulmani.
E allora i cuori degli uomini, di tutti gli uomini, devono reagire uniti alla deriva dell’islam radicale e devono creare un ponte con i giovani musulmani di oggi, tentati da questa ideologia islamica criminale, per portare il dialogo al posto della voce mono tona dell’imam estremista di turno. Nel 1219, all’epoca della quinta Crociata, San Francesco si recò a suo rischio e pericolo nel campo saraceno per incontrare il comandante dei musulmani, al Malik, nipote dell’acerrimo nemico della cattolicità di allora, il feroce Saladino, con lo scopo di predicare la parola di Gesù e por fine alle ostilità sul campo.
Riscopriamo le nostre radici cristiane e i nostri valori europei che derivano dal nostro glorioso passato: solo così saremo in grado di dialogare con i giovani musulmani integralisti e trovare nuovi mo(n)di di vivere insieme ed in pace. Solo così si sconfigge il terrorismo, non con la spada, ma con il dialogo.
Nessun commento:
Posta un commento