Ci sono persone così povere che l'unica cosa che hanno sono i soldi.

Santa Madre Teresa di Calcutta

giovedì 1 agosto 2013

26 gennaio 1994 – 1 agosto 2013

Quasi venti anni è durato il cammino politico di Silvio Berlusconi. E’ iniziato il 26 gennaio 1994 con il famoso discorso “per il mio Paese” registrato e mandato in onda sulle reti Fininvest ed è terminato questa sera con la lettura, in nome del popolo italiano, della sentenza di condanna a quattro anni per reati tributari emessa dalla suprema Corte di Cassazione.

Stiamo commentando fatti di cronaca, ma è certo che questa giornata passerà alla storia della politica italiana. Dopo innumerevoli processi subiti negli ultimi venti anni da Berlusconi e il suo gruppo di imprese, è arrivata per la prima volta una sentenza di condanna definitiva proprio alla persona di Silvio Berlusconi.

Questo fatto ha chiaramente conseguenze politiche enormi se si considera per prima cosa che Silvio Berlusconi è il fondatore del PDL nonché il leader riconosciuto e indiscusso da parte di tutti i suoi elettori. Secondo, il PDL è asse portante, insieme al PD, del Governo Letta. Senza il PDL l’esperienza del Governo Letta non può continuare. Le conseguenze di una caduta del Governo, oggi come oggi, aprirebbero scenari del tutto imprevedibili, ma sicuramente non positivi per il Paese.

Le sentenze, di assoluzione o di condanna, di un Tribunale non si discutono mai, pena la messa in dubbio dell’esistenza stessa dello Stato di diritto. Le sentenze si possono condividere o meno, su questo non si discute, ma si devono accettare, deve sempre essere presente nel popolo la consapevolezza che la magistratura opera esclusivamente osservando scrupolosamente l’applicazione della Legge.

La condanna definitiva di Silvio Berlusconi a quattro anni di reclusione priva il leader del PDL dei presupposti sostanziali per la sua permanenza nella vita politica italiana attuale e anche futura se non altro per ragioni anagrafiche. Allora le conseguenze dell’addio di Silvio Berlusconi alla politica italiana provocheranno certamente una rivoluzione non solo all’interno del partito da lui creato, ma anche nel partito d’opposizione che di fatto, in tutti questi anni, ha fatto da spalla politica a Berlusconi in tantissime occasioni. 

Le conseguenze di queste rivoluzioni potrebbero avere come risultato la crisi del governo Letta e l’apertura di una fase nuova, del tutto indecifrabile in questo momento, ma sicuramente non favorevole per il piano di risanamento economico e finanziario che l’Italia sta cercando di portare avanti in questi mesi.

Nei prossimi giorni assisteremo alle scelte concrete che Berlusconi e il PDL da una parte, e il PD e le opposizioni dall’altra, faranno in Parlamento e forse capiremo che tipo di futuro ci attende. Certamente una crisi di governo che termini con il ritorno alle urne, senza aver modificato la legge elettorale, sarebbe un suicidio della politica dalle conseguenze molto gravi.

Crediamo però che una scelta coraggiosa Silvio Berlusconi potrebbe decidere di compierla: scegliere di dimettersi spontaneamente dal Senato e consegnarsi alla Giustizia da subito, evitando che la sua situazione personale condizioni ancora per mesi la vita politica italiana. Questo a nostro giudizio gli renderebbe indubbiamente il merito di passare alla storia non solo come uomo politico, ma come statista che accetta una sentenza ritenuta ingiusta, ma emanata da una Corte legittimata ad emetterla. 

Con questo gesto, moralmente forte e indiscutibilmente degno di plauso, Berlusconi lascerebbe con tutti gli onori la politica italiana e permetterebbe al Governo Letta di proseguire il suo difficile compito.

E’ una scelta non facile, ma certamente il Presidente Berlusconi è uomo capace di stupire gli italiani e non ci meraviglieremmo di vederla realizzata nei prossimi giorni. Non sarebbe una scelta di resa, anzi, sarebbe una decisione che metterebbe ancora più in risalto la lotta contro la giustizia ingiusta che Silvio Berlusconi ha sempre portato avanti nelle sue campagne politiche. 

Al Presidente Berlusconi la scelta finale, com’è giusto che sia.





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