Ci sono persone così povere che l'unica cosa che hanno sono i soldi.

Santa Madre Teresa di Calcutta

domenica 12 ottobre 2014

Ugo, la SLA e la maglia di Pogba


Conosco Ugo da quasi trent’anni, è stato il mio testimone di nozze e da più di quattro anni è malato di SLA, la ormai non più rara malattia meglio nota come Sclerosi Laterale Amiotrofica. Vive a casa sua insieme alla moglie Silvia e ai suoi due splendidi figli, Riccardo che quest’anno frequenta la prima elementare e Letizia di quattro anni che è nata quando Ugo era già malato. Ogni giorno poi transitano dalla sua abitazione tanti amici che non fanno mancare il loro appoggio morale e materiale. 

Qualche giorno fa, il 4 di ottobre, Ugo ha compiuto i suoi primi cinquant’anni. Un evento non previsto per il primo medico che gli ha diagnosticato la malattia e che gli aveva predetto al massimo due anni di vita. Ad oggi ne sono passati più di quattro.

Alcune settimane prima, Silvia ha pensato di organizzargli una festa a sorpresa ed ha contattato tutti i suoi amici per invitarli a questo momento. Eravamo più di cento intorno ad Ugo e alla sua famiglia a fare festa. 

Per questa ricorrenza così importante, mi sono detto, ci vorrebbe un regalo speciale, ma cosa regalare ad Ugo? Pensa e ripensa, ad un certo punto ecco la lampadina accendersi! 

Piccolo antefatto: Ugo è un tifoso sfegatato della Juventus! Quando potevamo ancora scambiarci amichevoli “insulti” calcistici (chi scrive è profondamente interista) lui era straordinariamente attaccato ai colori bianconeri che difendeva “a prescindere” da qualsiasi evidenza della realtà (almeno così la vedevo io!). Purtroppo ora che Ugo è intubato e non può usare neanche più il sintetizzatore vocale, gli scambi verbali si sono come dire, affievoliti, ma sono sicuro al 100% che dentro di sé è rimasto il solito ultrà juventino… 

A questo punto, decido di scrivere una mail alla sua squadra del cuore, la Juventus. Presento Ugo e la situazione che sta vivendo e chiedo, se possibile, in regalo una maglia della società con la firma dei calciatori da portare ad Ugo come regalo di compleanno. Credo proprio che lo farebbe felice.

Passano i giorni e arriva anche il 4 ottobre, compleanno di Ugo. Nessuna risposta. Non importa, penso, con tutte le richieste che la società riceverà da tutto il mondo, magari la mail non l’hanno neanche letta. Comunque facciamo una bellissima festa ad Ugo, in un cortile all’aperto di fronte alla sua abitazione e anche il sole esce a fargli gli auguri. Proprio un bel compleanno!

Venerdì 10 ottobre alle ore venti suona il mio citofono di casa e un corriere annuncia che deve consegnare un pacco alla mia attenzione. Strano. Non aspettavo nulla, né da Amazon né da altri e non avevo ancora ordinato la spesa on line. Domando: chi è il mittente? Juventus, la risposta!

Non ci posso credere! Vuoi vedere che mi hanno spedito la maglia? Corro di sotto a prendere il pacco e lo apro con delicatezza. Non si sa mai…con i “bianconeri” meglio andarci cauti…ma devo ricredermi, dentro, con dedica personale per Ugo, c’è la maglia di Pogba! Questa Juventus…in Zona Cesarini riesce sempre a stupire!

Chissà cosa penserà Ugo quando l’indosserà? 



venerdì 3 ottobre 2014

A tu per tu con: Alberto Bonfanti


Incontriamo oggi il Prof. Alberto Bonfanti, docente di Storia e Filosofia alle scuole superiori e Presidente dell’Associazione Portofranco Milano onlus, un centro di aiuto allo studio rivolto agli studenti delle scuole medie superiori che offre assistenza didattica gratuita nello svolgimento dei compiti, nel recupero dei debiti formativi e delle conoscenze disciplinari.

D.: Ci racconti cos’è Portofranco e come nasce questa realtà?
R.: Portofranco è un luogo dove alcuni volontari (adulti e studenti universitari) aiutano i ragazzi più giovani a studiare.
Nasce dall’idea di un grande educatore, Don Giorgio Pontiggia, una vita passata in mezzo ai ragazzi, a scuola e all’oratorio, che a sua volta è partito dalla necessità di soddisfare la domanda di significato, di senso di compagnia dei ragazzi di fronte alla vita. Per rispondere a questo bisogno, Don Giorgio è partito dalla vita quotidiana dei ragazzi e dai loro bisogni. Un bisogno che hanno tutti i ragazzi che frequentano la scuola è quello di fare i compiti e di essere aiutati in quelle materie più “impegnative”, mi viene in mente la matematica per capirci. Così è iniziata l'avventura di Portofranco Milano nel novembre 2000. Da quel momento un crescendo di iscrizioni. Ora abbiamo ogni giorno oltre 100 ragazzi che vengono aiutati singolarmente nelle più diverse materie da una cinquantina di volontari (40 universitari e 10 adulti) al giorno... Facendo un calcolo sono passati da Portofranco dal 2000 ad oggi oltre 20.000 ragazzi per oltre 8000 volontari per circa 100.000 ore di ripetizioni.
Prof. Alberto Bonfanti

D.: Il bisogno educativo è uno dei grandi bisogni che la nostra società mostra drammaticamente di avere, a tutti i livelli, quello degli educatori e quello degli educati. Come educatore cosa si può fare per rispondere a questo bisogno oggi nella scuola italiana? 
R.: Oggi a scuola, come nella vita i giovani sfuggono il rapporto con la realtà. Proprio questo sembra il problema. I ragazzi hanno paura della realtà e questo si documenta nel disimpegno, nel terrore della fatica, nella paura del futuro, nel non poter concepire qualcosa che non riescono ad immaginare. Magari hanno interessi, ma hanno paura di qualcosa d'altro, della realtà. 
Portofranco da questo punto di vista è una grande provocazione per me, sia come insegnante che come Responsabile, perché in qualche modo mi richiama al mio stesso bisogno di significato. Può succedere che i ragazzi di oggi lo nascondano con un apparente disinteresse, o con la difficoltà a prendere sul serio la realtà e l’impegno con essa, ma al fondo hanno lo stesso bisogno di verità, di senso e di gusto che ho anch’io. Il compito di noi educatori consiste proprio in questo: trasmettere ai ragazzi il desiderio di verità, di bellezza che alberga in noi. Perché senza significato la realtà perde il suo interesse!

D.: Uno dei più grandi educatori contemporanei, Luigi Giussani, ha scritto nel Rischio Educativo: "Educare vuol dire sviluppare la coscienza, cioè il sentimento di sé come responsabilità verso qualcosa di più grande di sé". In base alla tua esperienza di insegnante di Liceo, cosa chiedono i giovani di oggi ai propri insegnanti?
R.: Sulle scale di Portofranco, salendo abbiamo scritto questa frase di Plutarco: "I ragazzi non sono vasi da riempire ma fuochi da accendere". I ragazzi desiderano essere introdotti alla realtà, ma da soli non ce la fanno. Il significato non è qualcosa di astratto ma una presenza affettiva, una presenza amorevole alla loro vita, alla nostra vita! Quid est veritas? Vir qui adest!
Ecco, io penso che la grande forza di questo mare di gratuità che è Portofranco sia questa: il gesto di gratuità che ciascuno dei ragazzi ha ricevuto lo ha introdotto alla positività dell'essere, gli ha fatto percepire che la realtà non è qualcosa di noioso, di lontano. Introduzione alla realtà: questo è Portofranco. E quando dico Portofranco penso ai volontari che hanno aiutato i ragazzi ad introdursi alla realtà attraverso una presenza amorosa, a non fuggirla cercando in devianze più o meno gravi quella realizzazione che la frustrazione scolastica impediva loro. Si perché per i ragazzi è un'ingiustizia, è una frustrazione andare male a scuola tanto che devono compensarla primeggiando in qualcosa d'altro. L'insuccesso scolastico è la prima sconfitta, è una delle prime circostanze dopo gli affetti familiari e personali in cui possono percepire la negatività, l'ottusità del reale o la sua positività. Per questo è stato così geniale partire dall'affronto del loro bisogno, del primo loro approcciarsi al reale. Infatti Il problema non è la scuola, ma la realtà.

D.: Cosa ti ha insegnato in questi anni l'esperienza di Portofranco e cosa ti aspetti per il futuro della scuola in Italia?
R.: Moltissimo. La sfida educativa è entrare in rapporto con l’altra persona, incontrarla e accoglierla per quello che è, ma senza rinnegare le proprie origini. Per esempio Portofranco è diventato un luogo ecumenico senza nessuna progettualità di volerlo diventare! Quando abbiamo iniziato non pensavamo questo.Ma già dal terzo anno sono aumentati gli stranieri che ora rappresentano più del 30% degli iscritti provenienti da oltre 30 Paesi, i più numerosi da Egitto, Marocco, Ecuador, Filippine e Perù e tra l'altro gli stranieri sono i frequentanti più assidui, quelli che, spesso per condizioni familiari particolari, vivono Portofranco come una loro seconda casa. Questo fatto mi ha insegnato molto. Si incontra l'altro non rinnegando la propria identità, il proprio volto ma in forza di essa e l'identità cattolica proprio in quanto cattolica è universale e quando è vissuta come esperienza di pienezza dell'umano e quindi apertura all'umano, è in grado di abbracciare e incontrare chiunque! Noi non nascondiamo la nostra identità, organizziamo feste di Natale e Pasqua a cui partecipano ragazzi atei o di altre religioni...
Partendo da un approccio non ideologico, ma dalla persona, attraverso il suo bisogno si può incontrare chiunque perché il cuore dell'uomo desidera la stessa cosa!! Questo l'ho proprio visto a Portofranco. Si diventa amici tra egiziani musulmani ed egiziani copti, ci si rispetta tra marocchini e latinos.. Non ci mai stato un episodio di intolleranza.Il dialogo che tra culture diverse appare così difficile, risulta possibile tra persone perché il cuore dell'uomo desidera la stessa cosa, la felicità.
Tra l'altro Portofranco non è diventato solo un luogo di integrazione tra gruppi etnici e religiosi diversi ma anche tra persone di estrazioni culturali diverse ( tra i nostri volontari adulti diversi non sono cristiani ma sposano il nostro progetto educativo) ma anche un luogo di convivenza multi generazionale (convivono 4 generazioni). Quando passando per le aule vedo lo sguardo tra un volontario di 80 anni ed un ragazzino di 16 mi chiedo: ma dove esistono i conflitti generazionali?

Per concludere penso che partendo da esperienze come quella di Portofranco si possa ripensare anche al modo di come immaginare la scuola del futuro. E’ un lavoro sfidante, ma la vera riforma della scuola deve partire da esperienze come queste o sarà solo una riforma giuridica e amministrativa, non educativa. 

Un ultimo pensiero: per tanti Portofranco è stata una casa, una famiglia e ora ha bisogno di aiuto perché i contributi pubblici coprono solo il 10% delle spese che superano € 300.000. Portofranco lancia una campagna: acquistare un’azione simbolica della Onlus chiedendo a chi ci conosce e a chi desidera, di essere parte del patrimonio dell’associazione. Vogliamo che Portofranco rimanga gratuito per i ragazzi.

Grazie Alberto.


per info: direzione@portofranco.org  / www.portofranco.org